Skip to content

La Corte dei conti torna a censurare la prassi della cosiddetta “contrattazione tardiva”

Con la deliberazione n. 86/2020/PAR, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Puglia è tornata a ribadire, ancora una volta, come l’armonizzazione contabile imponga di stipulare anzitempo (nella prima parte dell’esercizio in corso o comunque entro l’anno di riferimento) l’accordo decentrato, o la pre-intesa, al fine di poter erogare le risorse destinate ai dipendenti e come la cd. “contrattazione tardiva” (e tale è già quella che interviene alla fine dell’esercizio di riferimento) costituisca una prassi diffusa, costantemente stigmatizzata dalla giurisprudenza contabile che ha ripetutamente manifestato forti dubbi in ordine alla «liceità di contratti collettivi integrativi che siano conclusi dopo la scadenza del periodo di riferimento» e alla loro idoneità a costituire legittima fonte di pagamento dei vari istituti (Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione. 287/PAR/2011; Sezione regionale di controllo per il Veneto, deliberazione n. 263/2016).

Tanto in forza della ragione per cui il contratto avrebbe una portata retroattiva difficilmente conciliabile con il suo scopo e la sua funzione, consistente nel determinare a priori i criteri di ripartizione delle risorse.

Ancora più, nell’ipotesi in cui la stipulazione del contratto decentrato sia finalizzata a individuare la destinazione delle risorse di parte variabile, le quali, a differenza di quelle stabili, che presentano la caratteristica di certezza, stabilità e continuità, si caratterizzano per la loro eventualità e variabilità e hanno validità esclusivamente per l’anno in cui vengono definite e messe a disposizione del Fondo (l’art. 67, secondo comma, CCNL specifica, quali sono le somme che incrementano “stabilmente” il fondo, mentre il terzo comma dello stesso art. 67 individua gli importi che costituiscono la componente variabile del fondo medesimo).

A tal proposito, con recente deliberazione n. 7/2019/PAR, la Sezione regionale di controllo per il Lazio ha ribadito che «Le risorse variabili sono determinate con valenza annuale e finanziate di anno in anno dall’ente sulla base di una valutazione delle proprie capacità di bilancio e sono destinate a finanziare il salario accessorio per la componente avente carattere di premialità e finalità incentivanti (sul punto utili elementi possono essere desunti dalla lettura di ARAN – orientamenti applicativi delle regioni-Autonomie locali n. 482). Proprio in ragione di ciò, la programmazione dell’ente e il relativo bilancio devono contenere, rispettivamente, gli indirizzi fondamentali per la contrattazione integrativa e per l’attribuzione dei compensi incentivanti sulla base della valutazione delle performance, nonché le risorse finanziarie previste per lo scopo nei limiti di legge e di contratto. Inoltre, la costituzione del “Fondo” deve avvenire tempestivamente all’inizio dell’esercizio per stabilire contestualmente le regole per la corresponsione del trattamento accessorio legato alla produttività individuale e collettiva sulla base di verificati incrementi di efficienza».

La stessa Sezione di controllo per il Friuli Venezia Giulia con la deliberazione n. 29/2018/PAR ha evidenziato che «(…) in coerenza con i pareri espressi anche da altre Sezioni regionali della Corte dei conti, questa Sezione ha finora sempre ritenuto indispensabile che l’intero procedimento si fosse perfezionato secondo la fisiologica conseguenzialità degli atti ed entro l’anno di riferimento, dovendosi ritenere illegittima ogni attività svolta in sanatoria, oltre l’anno e in contrasto con il principio della necessità della preventiva assegnazione degli obiettivi e della verifica dell’avvenuto raggiungimento degli stessi. Nel motivato avviso espresso con la deliberazione n. 51/2016, questa Sezione ha infatti confermato il suo ampio sfavore verso l’utilizzo delle risorse dei progetti per la performance in difetto di una preventiva assegnazione degli obiettivi, richiamando a questo proposito le deliberazioni delle Sezioni regionali di controllo per la Lombardia n. 287/2011/PAR, per il Veneto n. 161/2013/PAR, nonché i pareri resi dalla Sezione regionale di controllo per il Molise n. 218/2015/PAR e ancora dalla Sezione regionale di controllo per il Veneto n. 263/2016/PAR».

La Sezione prosegue affermando che «pare infatti necessario considerare che l’istituto del trattamento economico basato sulla produttività rinviene la propria causa nella contiguità che sussiste tra la tutela di specifici interessi pubblici previsti dalla programmazione dell’ente e l’incentivazione riconosciuta ai dipendenti ai fini del migliore perseguimento di quegli stessi interessi, nel senso che essi rivestono per l’ente un’importanza tale da giustificare la loro individuazione quali specifici obiettivi di prestazioni individuali o collettive meritevoli di specifica retribuzione (produttività). La tutela di un siffatto interesse pubblico richiede la previa individuazione delle risorse, degli obiettivi e una tempestiva loro assegnazione ai dipendenti individuati, con la conseguenza che rimangono quindi interdetti un uso indistinto delle risorse e una loro distribuzione “a pioggia” slegata da una valutazione sull’effettivo raggiungimento dell’obiettivo. Nello stesso senso, la necessità che l’intero percorso amministrativo e contrattuale si perfezioni entro l’anno con la stipula del contratto decentrato integrativo risponde alla primaria esigenza di garantire sia l’effettività della programmazione dell’ente, cui è connessa (di regola) l’annualità delle risorse a disposizione, sia un utile perseguimento dei suoi obiettivi. In altri termini, non si può trascurare che le prestazioni richieste ai dipendenti e gli obiettivi loro assegnati rappresentano in primo luogo interessi e obiettivi dell’ente stesso. Una mancata o tardiva contrattazione integrativa, nella misura in cui essa costituisce presupposto per il perseguimento e il raggiungimento degli obiettivi, nella sostanza svilisce le finalità sottese all’istituto ora in parola e compromette o rischia di compromettere il raggiungimento dei risultati attesi. L’esigenza della tutela dell’interesse pubblico sotteso alla contrattazione integrativa emerge con chiarezza dalla previsione di cui al terzo comma dell’art. 40 bis del d.lgs. 165/2001, che impone agli organi di revisione degli enti di certificare le relazioni annuali che le Amministrazioni sono tenute a inviare al MEF al fine di consentire non solo di verificare il rispetto dei vincoli finanziari in ordine alla consistenza e all’evoluzione delle risorse assegnate ai fondi per la contrattazione integrativa ma anche di accertare l’effettiva valorizzazione di criteri improntati alla premialità, al riconoscimento del merito e alla valorizzazione dell’impegno e della qualità della performance individuale, con riguardo ai diversi istituti finanziati dalla contrattazione integrativa, nonché a parametri di selettività, con particolare riferimento alle progressioni economiche».

Pertanto, conclusivamente, il principio contabile di riferimento, alla luce della disciplina e della pacifica giurisprudenza contabile sopra richiamata, va interpretato nel senso che, al fine di evitare le conseguenze negative di una contrattazione integrativa tardiva, specie con riferimento alla ripartizione delle risorse variabili, il contratto decentrato deve essere tempestivamente sottoscritto e che appare di dubbia legittimità una distribuzione “a pioggia” delle risorse del fondo legate alla produttività, slegata da una valutazione sull’effettivo raggiungimento dell’obiettivi.