Come noto, l’ultimo periodo del comma 2 dell’art 33 del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito nella legge 28 giugno 2019, n. 58, ha previsto che il limite al trattamento accessorio di cui all’articolo 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75/2017 debba essere adeguato, in aumento o in diminuzione, al fine di garantire l’invarianza del valore medio pro-capite, riferito all’anno 2018, del fondo per la contrattazione integrativa nonché delle risorse per remunerare gli incarichi di posizione organizzativa, prendendo a riferimento, come base di calcolo, il personale in servizio al 31 dicembre 2018.
Il decreto interministeriale emanato in attuazione della su riferita disposizione ha poi precisato in seguito (nelle premesse) che “è fatto salvo il limite iniziale, qualora il personale in servizio sia inferiore al numero rilevato al 31 dicembre 2018”. Ciò significa che il limite iniziale non è oggetto di riduzione in caso di cessazioni superiori alle assunzioni di personale a tempo indeterminato realizzatesi in vigenza del citato art. 33 del D.L. n. 34/2019.
Il dettato delle su richiamate disposizioni, tuttavia, risulta quanto mai oscuro ed involuto, sollevando numerosi dubbi interpretativi sulla individuazione della sua esatta portata precettiva. Il primo e forse più importante fra questi dubbi interpretativi concerne proprio l’individuazione delle corrette modalità di calcolo del salario medio pro capite. Occorre cioè comprendere se l’adeguamento debba essere operato sull’intero ammontare delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio oppure distintamente per ciascuna categoria di personale.
A questa domanda ha fornito recentemente risposta la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Lombardia con deliberazione n. 95/2020/PAR. A giudizio del Collegio, per la determinazione del “ valore medio pro-capite” occorre considerare (sommare) sia il valore del fondo relativo alle risorse per la contrattazione decentrata sia le risorse destinate alla remunerazione delle P.O. L’interpretazione letterale dell’art 33 della D.L. 34/2019 non consente infatti una scissione tra le due componenti in quanto la disposizione in commento dopo aver affermato la necessità di garantire “l’invarianza del valore medio pro-capite, riferito all’anno 2018, del fondo per la contrattazione integrativa “ aggiunge l’espressione “nonché delle risorse per remunerare gli incarichi di posizione organizzativa, prendendo a riferimento come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018”.
Tale interpretazione, affermano i Giudici, oltre ad essere supportata dal dato letterale, è suffragata dal richiamo della disposizione stessa all’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017 n. 75, che stabilisce “a decorrere dal 1° gennaio 2017, l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2016.”, fissando un limite al “trattamento accessorio” globalmente inteso senza distinzione alcuna ai fini della determinazione del tetto massimo. Per stabilire il valore medio pro capite previsto dall’art 33, comma 2, del D.L. 34/2019 in argomento, non vi sono, quindi, elementi che possano portare a una diversificazione dei fondi ai fini che qui interessano.
D’altra parte, prosegue ancora la delibera, anche sotto un profilo logico e pragmatico non sarebbe di nessuna utilità considerare in maniera distinta le risorse delle P.O. per determinare un valore medio delle stesse, non solo per la diversificazione notevole dei valori che possono interessare le posizioni organizzative, ma soprattutto perché in caso di costituzione di nuove posizioni organizzative la norma non consentirebbe una variazione in aumento del suddetto valore medio.
In conclusione, per determinare il costo medio pro-capite occorre procedere sommando il valore del fondo per la contrattazione decentrata con il valore complessivo delle risorse destinate al finanziamento delle P.O. e dividere l’importo risultante per il numero di tutti i dipendenti in servizio al 31/12/2018, comprese le posizioni organizzative.
Ma nella parte conclusiva del parere la Sezione lombarda fornisce anche un altro importante chiarimento, precisando che a suo avviso la quantificazione del fondo, ai fini della determinazione del valore medio, deve essere fatta con riferimento soltanto a quelle voci che concorrono a determinare il tetto del trattamento accessorio di cui all’art 23 del decreto legislativo 75/2017.