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La Corte dei conti chiarisce alcuni punti controversi sull’utilizzo delle graduatorie concorsuali

Con la recente deliberazione n. 85/2020/PAR, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Sardegna ha operato un’ampia ricostruzione del quadro normativo di riferimento in materia di scorrimento delle graduatorie concorsuali (proprie e altrui).

In proposito i Giudici hanno preliminarmente evidenziato che la ratio sottesa al favor del legislatore per lo scorrimento delle graduatorie (risiedente sia nell’opportunità di obliterare i tempi e i costi impliciti nella gestione di un concorso e sia nella tutela delle legittime aspettative dei candidati che hanno comunque superato un giudizio di idoneità) non appare più adombrata dall’abrogato comma 361 dell’art. 1 della legge di bilancio 2019.

Nell’attuale tessuto legislativo trova pertanto rinnovato vigore l’interpretazione offerta dalla giurisprudenza amministrativa dell’art. 35, comma 5-ter, del TUPI (che essenzialmente riproduce il contenuto dell’art. 91, comma 4, del TUEL, pur sorpassando la locuzione facoltativa “eventuale”) secondo il quale “Le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di due anni (efficacia ridotta rispetto al precedente limite triennale in forza dell’art. 1, comma 149, della legge di bilancio per l’anno 2020) dalla data di approvazione. Sono fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali.” Il massimo organo della Magistratura amministrativa offre un’interpretazione del comma 3-ter nel senso che “La formulazione della norma non è più imperniata sull’attribuzione di una facoltà puramente discrezionale (dell’assunzione per scorrimento della graduatoria in luogo di nuovo concorso, facoltà prevista dall’art. 8 del D.P.R. n. 3/1957 – “Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato” – che ha dato, per la prima volta, diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento all’istituto dello scorrimento), ma, mediante l’uso dell’indicativo presente (“rimangono vigenti”), evidenzia il carattere tipicamente obbligatorio della prescrizione. 49. Non può trascurarsi, poi, che l’opzione di riconnettere una discrezionalità limitata alla amministrazione circa le modalità dell’assunzione, accordando tendenziale preferenza allo scorrimento, appare maggiormente rispettosa dei principi di trasparenza e di imparzialità. Infatti, come esattamente evidenziato dall’ordinanza di deferimento alla Plenaria, “se si considera che i nominativi dei soggetti in graduatoria sono ben noti a tutti, potrebbe indebitamente interferire sulla decisione di utilizzare o meno la graduatoria (ove l’amministrazione avesse mano libera in tal senso) il maggiore o minore “gradimento” che i soggetti che vi si trovano incontrano presso l’ente che deve provvedere all’assunzione”. 50. Ne deriva, quindi, che sul piano dell’ordinamento positivo, si è ormai realizzata la sostanziale inversione del rapporto tra l’opzione per un nuovo concorso e la decisione di scorrimento della graduatoria preesistente ed efficace. Quest’ultima modalità di reclutamento rappresenta ormai la regola generale, mentre l’indizione del nuovo concorso costituisce l’eccezione e richiede un’apposita e approfondita motivazione, che dia conto del sacrificio imposto ai concorrenti idonei e delle preminenti esigenze di interesse pubblico.” E ancora “Ferma restando, quindi, la discrezionalità in ordine alla decisione sul “se” della copertura del posto vacante, l’amministrazione, una volta stabilito di procedere alla provvista del posto, deve sempre motivare in ordine alle modalità prescelte per il reclutamento, dando conto, in ogni caso, della esistenza di eventuali graduatorie degli idonei ancora valide ed efficaci al momento dell’indizione del nuovo concorso. d) Nel motivare l’opzione preferita, l’amministrazione deve tenere nel massimo rilievo la circostanza che l’ordinamento attuale afferma un generale favore per l’utilizzazione delle graduatorie degli idonei, che recede solo in presenza di speciali discipline di settore o di particolari circostanze di fatto o di ragioni di interesse pubblico prevalenti, che devono, comunque, essere puntualmente enucleate nel provvedimento di indizione del nuovo concorso.” (Consiglio di Stato – Adunanza Plenaria n. 14/2011 richiamata, da ultimo, da Consiglio di Stato, Sez. III, n. 4013/2020).

Ebbene, facendo applicazione dei principi elaborati sul punto dalla giurisprudenza contabile e amministrativa, la scelta in ordine agli interessi da privilegiare e, quindi, l’individuazione della modalità di reclutamento alla quale fare ricorso (indizione di nuovo concorso o scorrimento di graduatoria vigente), rientra nell’esclusiva competenza dell’Amministrazione locale che dovrà orientarsi nell’ambito della cornice normativa disegnata dal legislatore e dei circoscritti spazi discrezionali riservati all’esclusivo apprezzamento dell’Ente.

Nell’ipotesi in cui il soggetto pubblico opti per lo scorrimento della graduatoria (evenienza che anche la Cassazione – Sezione lavoro, da ultimo con Ordinanza n. 2316/2020, definisce “modalità prioritaria di reclutamento del personale della P.A.”) è tenuto non solo al rispetto del principio di equivalenza (vale a dire di corrispondenza del profilo professionale per il quale si procede all’assunzione a quello a cui si riferisce la graduatoria dalla quale attingere dato che, come ribadito da Cassazione civile – Sezione lavoro, con Ordinanza n. 7054/2018, “Nel pubblico impiego privatizzato, l’utilizzo dello scorrimento della graduatoria, nel rispetto dei principi fissati dall’art. 35 del d.lgs. n. 165 del 2001, presuppone l’esistenza di posti vacanti disponibili in riferimento alla specifica posizione lavorativa alla quale si riferisce la procedura concorsuale già espletata, nonché ai requisiti attitudinali e professionali che la stessa richiede”) ma, ancor prima, è tenuto a riscontrare l’efficacia della graduatoria, muovendosi entro i binari tracciati dal legislatore che, ad oggi, sono quelli indicati dall’art. 1, comma 147 e seguenti, della L. n. 160/2020.

Il tenore letterale del citato comma 147 non presenta particolari problemi interpretativi e, scandendo i termini di validità delle graduatorie concorsuali in relazione all’anno di approvazione delle stesse, dispone che “Le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono utilizzare le graduatorie dei concorsi pubblici, fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali, nel rispetto dei seguenti limiti: a) le graduatorie approvate nell’anno 2011 sono utilizzabili fino al 30 marzo 2020 previa frequenza obbligatoria, da parte dei soggetti inseriti nelle graduatorie, di corsi di formazione e aggiornamento organizzati da ciascuna amministrazione, nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità ed economicità e utilizzando le risorse disponibili a legislazione vigente, e previo superamento di un apposito esame colloquio diretto a verificarne la perdurante idoneità; b) le graduatorie approvate negli anni dal 2012 al 2017 sono utilizzabili fino al 30 settembre 2020; c) le graduatorie approvate negli anni 2018 e 2019 sono utilizzabili entro tre anni dalla loro approvazione.

Pertanto, la prima verifica che il precetto impone riguarda l’esistenza di eventuali leggi regionali che stabiliscono termini di vigenza inferiori rispetto a quelli definiti dalla normativa nazionale (anche se la legge di bilancio 2020, in realtà, non ha portata innovativa sul punto, visto che il limite connesso ai “periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali” viene già contemplato dall’art. 35, comma 5-ter, del TUPI).

Esclusa l’esistenza di una disciplina derogatoria di portata regionale, della cui verifica è onerata l’Amministrazione interessata, dalla normativa nazionale risulta che, a decorrere dal 1° gennaio 2020, sono prive di validità le graduatorie più risalenti nel tempo, ossia approvate fino all’anno 2010.

Le graduatorie approvate nell’anno 2011 conserva(va)no validità fino al 30 marzo 2020 (a condizione che agli idonei fosse assicurata la frequentazione di corsi di formazione e aggiornamento e che fosse verificata, attraverso un colloquio, la perdurante idoneità dei candidati ad accedere a un posto pubblico).
Le graduatorie approvate dall’anno 2012 all’anno 2017 conservano la loro efficacia fino al 30 settembre 2020.
Le graduatorie approvate dal 2018 al 2019 sono utilizzabili entro i tre anni successivi all’approvazione.
Le graduatorie approvate dall’anno 2020 saranno valide per un periodo di due anni dalla loro approvazione. Invero, come anticipato, in seguito alla novella dell’art. 35, comma 5-ter, del D. Lgs. N. 165/2001 ad opera dell’art. 1, comma 149, della L. n. 160/2020, il precedente termine triennale di validità è stato sostituito dall’attuale termine biennale.

Sul punto il Collegio non può tuttavia esimersi dal sottolineare che il termine di validità biennale non riguarda gli Enti locali; la legge di bilancio per l’anno 2020 interviene a modificare l’art. 35, comma 5-ter, del TUPI ma non va ad intaccare la disciplina posta dall’art. 91 del TUEL a mente del quale “Per gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione…”.

L’antinomia tra le due disposizioni normative in ordine ai termini di validità delle graduatorie concorsuali (l’art. 35, comma 5-ter, del TUPI – norma di carattere generale indirizzata a tutte le Amministrazioni indicate nell’art. 1, comma 2, delle “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche” – e l’art. 91, comma 4, del TUEL – norma di carattere speciale indirizzata alle Amministrazioni di cui all’art. 2, comma 1, del “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”) è risolta a giudizio della Sezione dal principio lex posterior generalis non derogat priori speciali. In altri termini, essendo il criterio cronologico recessivo rispetto a quello di specialità, la modifica della norma di carattere generale non produce effetto rispetto alla norma di carattere speciale, con la conseguenza che la legge di bilancio 2020 introduce un doppio binario in merito ai termini di scadenza delle graduatorie concorsuali: per le Amministrazioni statali di cui all’art. 1, comma 2, TUPI vale il disposto del citato art. 35 e l’efficacia sarà limitata a due anni (con decorrenza dall’approvazione della graduatoria), mentre per le Amministrazioni di cui all’art. 2, comma 1, TUEL permane il regime previsto del citato art. 91 e l’efficacia sarà di tre anni (con decorrenza dalla pubblicazione della graduatoria).

In ordine alla portata applicativa dell’art. 91 del TUEL, poi, il Collegio non può non evidenziare, in quanto funzionale al parere da rendere, che l’art. 17, comma 1-bis, del D. L. n. 162/2019, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 8/2020 (c.d. Milleproroghe) ha previsto che “Per l’attuazione del piano triennale dei fabbisogni di personale di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, gli enti locali possono procedere allo scorrimento delle graduatorie ancora valide per la copertura dei posti previsti nel medesimo piano, anche in deroga a quanto stabilito dal comma 4 dell’articolo 91 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

Non sfugge il calibro dirompente del disposto normativo richiamato che, consentendo agli Enti locali di disapplicare la disposizione dell’art. 91, comma 4, del TUEL, apre le porte alla possibilità di utilizzare le graduatorie anche per la copertura dei “posti istituiti o trasformati successivamente all’indizione del concorso”; possibilità che urta con quella ratio tesa a scongiurare il pericolo di scorrimenti (e, di riflesso, di assunzioni) “ad personam”, la cui caratura non è sfuggita alla giurisprudenza contabile (tra le tante, deliberazione n. 28/2018/PAR Sezione regionale di controllo Umbria e deliberazione n. 72/2019/PAR Sezione regionale di controllo Puglia che rimarca come “la flessibilità annuale del fabbisogno del personale non appare inconciliabile con il divieto dell’art. 91, comma quarto, TUEL”) e ha indotto la giurisprudenza amministrativa a ritenere che “La regola (del divieto di procedere allo scorrimento delle graduatorie per la copertura di posti istituiti o trasformazione dopo l’indizione del concorso posta dall’art. 91 in commento) sebbene contenuta nella disciplina degli enti locali, risulta espressiva di un principio generale e, pertanto, trova applicazione comune anche alle altre amministrazioni pubbliche.” (Consiglio di Stato – Adunanza Plenaria n. 14/2011) essendo preminente l’esigenza di evitare che “le pubbliche amministrazioni possano essere indotte a modificare la pianta organica, al fine di assumere uno dei candidati inseriti in una determinata graduatoria, i cui nomi siano già conosciuti” (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 4119/2014 e, in senso conforme, Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5089/2018 nonché Cassazione Civile, Sezione lavoro, n. 2316/2020, entrambe preziose per l’interpretazione dell’art. 91 del TUEL).

La (eventuale) “deroga” ai limiti dell’art. 91, comma 4, TUEL, renderà pertanto ancora più pregnante l’obbligo motivazionale che dovrà sorreggere le determinazioni inerenti il reclutamento del personale affinché possano resistere al vaglio di legittimità e legalità da parte della Magistratura competente.

Per completezza espositiva, il parere in esame riporta anche il contenuto del comma 147-bis del sopra citato art. 1, che detta un regime derogatorio in riferimento ad alcune tipologie di personale prevedendo che “Le disposizioni del comma 147, in materia di utilizzo delle graduatorie dei concorsi pubblici da parte delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non si applicano alle assunzioni del personale scolastico, compresi i dirigenti, e del personale delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica nonché del personale delle scuole e degli asili comunali.

In ultimo, l’attenzione del Collegio si sofferma sulla evenienza, ipotizzata dal Comune istante, di ricorrere alle graduatorie di altre Amministrazioni.

L’esame della questione prende l’abbrivio dal disposto dell’art. 9 della L. n. 3/2003 che rinvia a un regolamento da emanarsi ai sensi dell’art. 17, comma 2, della L. n. 400/1988 per “stabilire le modalità e criteri con i quali le Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici non economici possono ricoprire i posti disponibili, nei limiti della propria dotazione organica, utilizzando gli idonei delle graduatorie di pubblici concorsi approvate da altre amministrazioni del medesimo comparto di contrattazione” e al secondo comma aggiunge che “Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalità del presente capo secondo le rispettive competenze previste dai relativi statuti e dalle norme di attuazione”.

Invero, il riferimento esplicito al “previo accordo” tra le amministrazioni per l’utilizzo delle rispettive graduatorie è contenuto nel diverso art. 3, comma 61, della L. n. 350/2003 che dispone “In attesa dell’emanazione del regolamento di cui all’articolo 9 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, le amministrazioni pubbliche ivi contemplate (le Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici non economici) … possono effettuare assunzioni anche utilizzando le graduatorie di pubblici concorsi approvate da altre amministrazioni, previo accordo tra le amministrazioni interessate.

L’estensione soggettiva della normativa in esame è testualmente limitata alle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonché agli enti pubblici non economici. Tuttavia, il dato letterale è stato superato da un’interpretazione sistematica e logica suggerita dal secondo comma dell’art. 9 della L. n. 3/2003, che ha elevato la disciplina in discorso a rango di principio di carattere generale valevole anche per gli Enti locali.

E quindi, nell’ottica di valorizzare i principi di funzionalità e di ottimizzazione delle risorse richiamati dall’art. 91, comma 1, sia l’art. 9 della L. n. 3/2003 che l’art. 3, comma 61, della L. n. 350/2003 prendono la veste di parametro normativo di riferimento per la predisposizione, da parte dei soggetti pubblici territoriali, dei regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi ovvero dei regolamenti per l’utilizzo di graduatorie di altre Amministrazioni, nell’ambito della potestà riconosciuta dall’art. 7 del TUEL.

Il tessuto normativo vigente spinge questa Sezione ad esprimersi in senso favorevole sulla possibilità di utilizzare, previo accordo, le graduatorie concorsuali di altri Enti, allineandosi sul punto alla conforme giurisprudenza contabile che si riporta: “In particolare la deliberazione n. 124/2013/PAR, della Sezione di controllo per l’Umbria aveva ritenuto di interpretare l’espressione normativa “previo accordo” utilizzata dal legislatore all’art. 3, comma 61, della L. 350/2003 in senso estensivo e non restrittivo, non rinvenendo nella norma elementi testuali per un’interpretazione limitante temporalmente il momento della conclusione dell’accordo (né all’approvazione della graduatoria o, ancor più restrittivamente, al momento dell’indizione della procedura concorsuale) seppur l’accordo debba, necessariamente, intervenire prima dell’utilizzazione della graduatoria stessa. A sostegno di tale logica estensiva interpretazione appare, da un lato, il primo capoverso del citato comma che prevede la proroga delle graduatorie vigenti (e, quindi, già approvate) e, dall’altro, la natura discrezionale dell’amministrazione in merito alla decisione di avvalersi delle graduatorie di altri enti, i cui limiti si rinvengono nei principi generali dell’ordinamento (ragionevolezza, efficacia, efficienza, trasparenza, imparzialità, ecc. …) e nelle regole di concorsualità per l’accesso ai pubblici uffici, come statuito dall’art. 97 Cost. (vedasi anche Cdc – Sezione regionale Controllo Piemonte n. 3/2019/PAR e n. 114/2018/PAR).
In altri termini, il “previo accordo” deve, infatti, inserirsi in un chiaro e trasparente procedimento di corretto esercizio del potere di utilizzare graduatorie concorsuali di altre amministrazioni, allo scopo di evitare ogni arbitrio e/o irragionevolezza o violazione delle regole sulla concorsualità e, quindi, sull’imparzialità dell’azione amministrativa.
” (deliberazione n. 290/2019/PAR Sezione regionale Controllo Veneto).

Facendo proprie le argomentazioni della menzionata giurisprudenza contabile, il Collegio conclude nella direzione di ammettere l’utilizzo della graduatoria di altre Amministrazioni. Purtuttavia, a presidio dei valori di buon andamento e d’imparzialità della pubblica amministrazione – di diretta derivazione costituzionale – l’Ente sarà tenuto a predeterminare e a cristallizzare, preferibilmente nel proprio Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, le condizioni di utilizzo delle graduatorie, le relative modalità procedurali e i criteri per l’individuazione dei soggetti pubblici con i quali siglare l’accordo.