Con la recente ordinanza n. 14675 del 9 maggio 2022, la Sezione Lavoro della Cassazione ha ribadito il principio (già affermato da Cass. 6 marzo 2018, n. 5284) secondo cui, «ai fini dell’applicazione della regola, ex art. 41, c. 5, del C.C.N.L. 16 maggio 2001, del c.d. “riallineamento” della retribuzione di posizione del segretario a quella stabilita per la funzione dirigenziale più elevata dell’ente, si deve tener conto dell’importo minimo, di cui al comma 3, della predetta retribuzione, comprensivo della maggiorazione eventualmente riconosciuta ai sensi del successivo comma 4, avuto riguardo, da un lato, all’interpretazione letterale del comma in questione, che, nell’attribuire alle parti la facoltà di maggiorare i compensi del segretario, richiama quelli di cui al precedente comma 3 e non quelli del comma 5; nonché, dall’altro, alla funzione non corrispettiva bensì perequativa del “riallineamento”, sicché è aderente alla ratio della disposizione pattizia – da individuarsi nella particolarità delle funzioni che il segretario espleta presso l’ente locale – che alla perequazione si pervenga con riferimento alla retribuzione di posizione complessiva».
I Giudici hanno poi altresì approfondito la portata applicativa dell’art. 4, comma 26, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (il quale dispone che: “Il meccanismo di allineamento stipendiale previsto dall’articolo 41, comma 5, del Contratto collettivo nazionale di lavoro dei Segretari comunali e provinciali del 16 maggio 2001, per il quadriennio normativo 1998-2001 e per il biennio economico 1998-1999 si applica alla retribuzione di posizione complessivamente intesa, ivi inclusa l’eventuale maggiorazione di cui al comma 4 del medesimo articolo 41. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è fatto divieto di corrispondere somme in applicazione dell’articolo 41, comma 5, del citato Contratto collettivo nazionale di lavoro del 16 maggio 2001 diversamente conteggiate, anche se riferite a periodi già trascorsi. È fatta salva l’esecuzione dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente legge”), evidenziando, in continuità con Cass. n. 4619/2019 ed anche al fine della manifesta infondatezza del profilo di legittimità costituzionale sollecitato nelle difese: a) che la norma, nella sua prima parte, ha carattere interpretativo, nel senso che chiarisce la portata ed il significato della disposizione contenuta nell’art. 41, c. 5, C.C.N.L. del 16 maggio 2001, per il quadriennio normativo 1998-2001 e per il biennio economico 1998-1999; b) che la disposizione è innovativa, nella parte, introdotta dall’espressione “a decorrere”, in cui pone il divieto, per il tempo successivo alla sua entrata in vigore, di corrispondere somme in applicazione dell’articolo 41, c. 5, del citato C.C.N.L. 16 maggio 2001 “diversamente conteggiate”, aggiungendosi altresì che, come osservato da Cass. 5284/2018 e qui ribadito nei termini di cui sopra, già l’interpretazione corretta della contrattazione collettiva avrebbe dovuto indurre a concludere pianamente nei termini di cui alla normativa sopravvenuta, sicché non si è in realtà realizzata alcuna alterazione indebita dei rapporti tra le parti.