La Corte di Cassazione, confermando quanto già in passato sostenuto dall’Aran, ha affermato che l’indennità di vigilanza spettante al personale della polizia municipale non può non essere riproporzionata in caso di rapporto di lavoro a tempo parziale.
Con l’ordinanza n. 15540 del 1° giugno 2023, i Giudici del Palazzaccio hanno infatti ricordato che ai sensi dell’art. 6, comma 9, del CCNL del comparto delle Regioni e delle Autonomie locali del 14 settembre 2000 (si v. oggi l’art. 62, comma 10 del CCNL del comparto delle Funzioni locali siglato il 16.11.2022), il trattamento economico del personale con rapporto di lavoro a tempo parziale è proporzionale alla prestazione lavorativa, con riferimento a tutte le competenze fisse e periodiche, ivi compresa l’indennità integrativa speciale, spettanti al personale con rapporto a tempo pieno appartenente alla stessa categoria e profilo professionale.
La regola del riproporzionamento del trattamento economico in rapporto alla durata ridotta della prestazione lavorativa prevista da tale disposizione ha dunque carattere rigido e generale, riguardando indistintamente tutte le voci aventi carattere fisso e periodico del trattamento economico del personale con rapporto di lavoro a tempo parziale.
Ritiene pertanto il Collegio che la medesima disposizione debba applicarsi anche all’indennità di vigilanza di cui all’art.37, comma 1, lett. b) del CCNL del 6 luglio 1995, come integrato dall’art. 16, comma 1,del CCNL 2002-2005, che non rientra fra i trattamenti accessori collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti, né tra gli altri istituti non collegati alla durata della prestazione lavorativa, previsti dal successivo comma 10 dell’art. 6 del CCNL per il personale del comparto delle Regioni e delle Autonomie locali del 14 settembre 2000.
A fronte del carattere generale della regola del riproporzionamento prevista dall’art. 6, comma 9, del CCNL del 14 settembre 2000 e del suo univoco tenore, non può rilevare in contrario la mancata inclusione dell’indennità di vigilanza, prevista in misura fissa per anno, nell’ambito della retribuzione individuale mensile di cui all’art.52, comma 2, lett. b) del CCNL 2000.
Contrariamente a quanto opinato dalla ricorrente, quindi, il CCNL del 2000 prevede che tutte le competenze fisse e periodiche che compongono il trattamento economico del dipendente debbano essere riproporzionate in base al ridotto orario di lavoro nel part-time. Fanno eccezione a tale regola soltanto le competenze di cui ai successivi commi 10 e 11.
In particolare al comma 10 è previsto che «i trattamenti accessori collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti, nonché altri istituti non collegati alla durata della prestazione lavorativa, sono applicati ai dipendenti a tempo parziale anche in misura non frazionata o non direttamente proporzionale al regime orario adottato, secondo la disciplina prevista dai contratti integrativi decentrati» mentre il comma 11 prevede che sono corrisposte senz’altro per l’intero «le aggiunte di famiglia».
Trattandosi, quindi, di un vincolo rigido e generale stabilito direttamente dal CCNL, esso riguarda tutte, indistintamente, le voci del trattamento economico del personale titolare di tale tipologia di rapporto e, quindi, anche le indennità di vigilanza, di cui all’art. 37, comma 1, lett. b), primo e secondo periodo, del CCNL del 6 luglio 1995, come integrato dall’art. 16 del CCNL del 22 gennaio 2004.
Una diversa interpretazione, e cioè, come preteso, l’erogazione piena del compenso, risulterebbe del tutto ingiustificata e irragionevole, anche in considerazione della circostanza che un lavoratore a tempo parziale rende comunque una prestazione ridotta rispetto ad un lavoratore a tempo pieno e, conseguentemente, si riduce anche la quantità delle attività e delle connesse responsabilità che giustificano l’erogazione del compenso.
In sostanza, sussiste sempre uno stretto legame tra tempo di lavoro, attività lavorativa e quantificazione dell’emolumento ad essa connesso.