Con deliberazione n. 96/2022/PAR, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Sardegna è tornata a ribadire che presupposto indefettibile per l’applicazione dell’art. 113 del Codice dei contratti pubblici è ritenuta “in modo unanime e pacifico […] l’esternalizzazione della produzione di beni e servizi o comunque il ricorso al mercato, a mezzo di pubblica gara, come si evince dal comma 2, il quale individua nell’importo posto “a base di gara” il parametro per il calcolo della percentuale da destinare al fondo incentivi per funzioni tecniche” (cfr. SRC Campania, deliberazione n. 14/2021/PAR).
Invero, la necessaria condizione dell’espletamento di una procedura comparativa risulta integrata, secondo la consolidata giurisprudenza contabile, anche nell’ipotesi del ricorso ad una procedura strutturata sul modello disciplinato dall’art. 36, comma, 2, lett. b), del d.lgs. n. 50 del 2016, che ha introdotto il c.d. “affidamento diretto mediato” (o anche di utilizzo delle procedure negoziate senza bando prescritte, temporaneamente, dall’art. 1, comma 2, lett. b), del D.L. n. 76 del 2020) (cfr. SRC Emilia-Romagna, deliberazione n. 33/2020/PAR e SRC Veneto, deliberazione n. 121/2020/PAR).
Ciò detto, ad avviso del Collegio occorre dare una lettura estensiva dell’art. 113 del Codice dei contratti pubblici, norma in nessun modo incisa dall’art. 1 del D.L. n. 76/2020, che, pur non consentendo una sua interpretazione analogica, dato il tenore letterale della disposizione che riconnette esplicitamente l’istituto all’espletamento di una gara, possa coniugare le esigenze di tutela della concorrenza con quelle della efficienza della pubblica amministrazione e del miglior utilizzo delle risorse. In tale direzione si sono di recente orientate alcune Sezioni regionali (Liguria e Veneto) nel cui solco giurisprudenziale si inserisce l’esito del parere reso da questa Sezione. Infatti, pur confermando l’esperimento di una procedura comparativa come presupposto necessario per il riconoscimento degli incentivi tecnici, se ne accoglie una accezione estesa anche a forme più ridotte e semplificate, riferibili quantomeno “allo svolgimento di indagini di mercato e della comparazione concorrenziale tra più soluzioni negoziali che vincolano il committente alla valutazione tra le diverse offerte 12 secondo canoni predeterminati, a contenuto più o meno complesso, secondo la diversa tipologia e oggetto del contratto da affidare” (SRC Liguria, deliberazione n. 59/2021/PAR).
Le modalità procedurali di cui all’art. 36, comma 2, lett. a), così come la disciplina derogatoria e temporanea introdotta dal DL n. 76/2020, art. 1, comma 2, lett. a) (affidamenti diretti), non precludono, infatti, che l’affidamento del contratto possa essere preceduto dall’esperimento di procedure, sia pure semplificate, ma sostanzialmente di natura comparativa e, in ogni caso, nel rispetto dei princìpi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, pubblicità e rotazione di cui all’art. 30 del codice dei contratti, richiamati anche dalla disciplina emergenziale di cui al DL n. 76/2020 (cfr. SRC Veneto, deliberazione n. 121/2020/PAR).
Vieppiù, il mantenimento di un presidio di confronto concorrenziale è raccomandato anche dall’Autorità Anti Corruzione nel documento “Esame e commento degli articoli del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76……” dell’agosto 2020, laddove, richiamando gli elementi qualificatori dell’atto che dispone l’affidamento indicati all’art. 32, comma 2 del D.lgs. 50/2016 (l’indicazione dell’oggetto dell’affidamento, dell’importo, del fornitore e delle ragioni della sua scelta, e del possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale nonché di quelli di carattere speciale, ove richiesti), afferma che trattasi “di una estrema semplificazione procedurale, che sembra esaurirsi nell’obbligo di motivare la scelta dell’affidatario individuato discrezionalmente; una semplificazione che va temperata tuttavia alla luce dei princìpi fondamentali dell’attività contrattuale della p.a. e che rappresentano una best practice: il principio di rotazione degli affidamenti, l’acquisizione di informazioni, dati, documenti volti a identificare le soluzioni presenti sul mercato per soddisfare i propri fabbisogni e la platea dei potenziali affidatari, il confronto dei preventivi di spesa forniti da due o più operatori economici”.
La soluzione interpretativa già tracciata dalla magistratura contabile, dalla quale, come detto, la Sezione sarda non ha ritenuto di doversi discostare, conferma dunque l’esclusione dalla disciplina degli incentivi tecnici dell’affidamento diretto, tra cui anche l’affidamento per somma urgenza di cui all’art. 163 del Codice dei contratti pubblici, “salve le ipotesi nelle quali per la complessità della fattispecie contrattuale l’amministrazione, nonostante la forma semplificata dell’affidamento diretto, proceda allo svolgimento di una procedura sostanzialmente comparativa, la quale dovrà comunque emergere nella motivazione della determinazione a contrarre, in conformità al principio di prevalenza della sostanza sulla forma, di matrice comunitaria” (cfr. SRC Veneto, deliberazione n. 121/2020/PAR). Un approdo ermeneutico che rappresenta un punto di equilibrio tra tenore letterale delle disposizioni e le esigenze di carattere sostanziale precedentemente illustrate.
Né a diversa conclusione può indurre il recente pronunciamento del Consiglio di Stato (Affare consultivo n. 00813/2021) in merito allo schema di decreto del Presidente del consiglio dei ministri recante “Norme per la ripartizione degli incentivi per funzioni tecniche al personale non dirigenziale della Presidenza del consiglio dei ministri, a norma del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”; pronunciamento mediante il quale il Consiglio di Stato ha osservato che la scelta operata dall’Amministrazione di escludere dal regolamento gli incentivi nei casi di affidamento diretto o di somma urgenza, non ha ragion d’essere dal momento che “la scelta del contraente costituisce solo una tra le fasi alle quali la legge ricollega un incentivo in relazione alla prestazione tecnica svolta dal personale dell’amministrazione, per cui la fattispecie considerata potrebbe dar luogo ad una riduzione, ma non all’esclusione dell’incentivo, che permane per le altre attività espletate in relazione al contratto (programmazione della spesa, valutazione preventiva progetti ecc.), nell’esercizio di funzioni tecniche”.
Secondo la Sezione della Sardegna, infatti, la posizione espressa dal Consiglio di Stato rileva ai fini del quesito posto dal Comune istante, ma non nel senso dallo stesso auspicato, vale a dire, di poter considerare la procedura concorsuale un presupposto non più indefettibile per la corresponsione degli incentivi. Piuttosto, ferma restando la piena adesione al richiamato approdo ermeneutico proposto dalle Sezioni regionali del Veneto e della Liguria, questa Sezione ritiene che il pronunciamento citato ne garantisca, in un certo senso, l’effettività. Il regolamento da adottare ai sensi dell’art. 113, c. 3, del D.lgs. 50/2016, infatti, pur non determinante ai fini della costituzione del fondo, essendo l’amministrazione aggiudicatrice autorizzata direttamente dalla legge a procedere all’accantonamento nei limiti massimi previsti, costituisce la necessaria fonte di diritto per la ripartizione delle risorse tra i dipendenti che svolgono gli incarichi elencati dall’art. 113 cit., attraverso la definizione delle quote percentuali da riconoscere e nel rispetto dei criteri e delle modalità fissati in sede di contrattazione decentrata integrativa. (in tal senso SRC Emilia Romagna, deliberazione n. 43/2021/ PAR, SRC Veneto, deliberazione n. 72/2019/PAR). Pertanto, la previsione di una esplicita esclusione degli incentivi tecnici contenuta nel regolamento, nelle ipotesi di affidamento diretto puro dei contratti, precluderebbe, in via generale ed assoluta, la facoltà di compensare con emolumenti premiali le funzioni svolte dai dipendenti (riferite a fasi diverse dalla selezione del contraente). Ciò anche laddove l’affidamento sia stato comunque preceduto da modalità procedurali di tipo sostanzialmente comparativo, le quali, alla luce della linea interpretativa indicata dalla magistratura contabile, legittimerebbero il riconoscimento di incentivi.
La pronuncia resa dal Consiglio di Stato non può che avere rilievo nei termini e nei limiti esposti, non potendo invece essere posta a fondamento di una interpretazione favorevole al riconoscimento, senza condizione, di incentivi nei casi di affidamento diretto puro degli appalti. Ciò richiederebbe, infatti, “uno sforzo ermeneutico estensivo ed analogico tale da riscrivere di fatto il contenuto dell’art. 113. Operazione che appare travalicare la competenza di chi è chiamato ad interpretare e applicare le norme” (cfr. Sezione delle autonomie, deliberazione n. 15/2019/QMIG).