A seguito delle modifiche all’art. 4 D.Lgs. n. 23/2011 apportate in forza dell’art. 180 D.L. n. 34/2020, il regime di responsabilità del soggetto gestore della struttura ricettiva cambia considerevolmente. Infatti, mentre prima tale soggetto era da considerarsi come agente contabile che raccoglieva e custodiva denaro pubblico versato dai clienti della propria struttura per poi riversarlo all’Ente locale, oggi è da considerarsi come mero soggetto passivo, in quanto è tenuto a versare il tributo a prescindere dal pagamento da parte degli ospiti della struttura, sui quali però si può rivalere.
Il nuovo art. 4 sopra citato recita infatti: “[…] 1-ter. Il gestore della struttura ricettiva è responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno di cui al comma 1 e del contributo di soggiorno di cui all’articolo 14, comma 16, lettera e), del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, della presentazione della dichiarazione, nonché’ degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale. […]”.
Ne discende un diverso regime di responsabilità con specifico riguardo a quella per peculato, reato proprio del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio. Tuttavia, la Cassazione, nella sentenza n. 30227/2020, precisa che tale conseguenza non ha effetto retroattivo in quanto la modifica del quadro normativo di riferimento di natura extrapenale che regola l’imposta non ha comportato un “fenomeno di abolitio criminis”. Tale effetto si determina infatti solo quando la modifica riguarda norme effettivamente integratrici della legge penale.
Le condotte illegittime precedenti alla variazione della norma continueranno quindi ad essere trattate e sanzionate secondo le disposizioni penali, mentre per le condotte successive si applicherà il solo regime sanzionatorio amministrativo di cui all’art. 13 D.Lgs. n. 471/1997.