Come si ricorderà, con l’art. 4 D.Lgs. n. 23/2011 modificato dall’art. 180 D.L. n. 34/2020, il regime di responsabilità del soggetto gestore della struttura ricettiva è cambiato in modo significativo. Infatti, mentre prima tale soggetto era da considerarsi come agente contabile (in quanto riscuoteva e custodiva denaro pubblico versato dai clienti della propria struttura per poi riversarlo all’Ente locale), oggi pare debba essere considerato come mero soggetto passivo, perchè tenuto a versare il tributo a prescindere dal pagamento da parte degli ospiti della struttura, sui quali però si può rivalere. La norma novellata recita infatti che “Il gestore della struttura ricettiva è responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno […]”. Da ciò discenderebbe un diverso regime di responsabilità con specifico riguardo a quella per peculato, reato proprio del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio.
La diversa qualificazione del gestore della struttura ricettiva tuttavia non pare così immediata e di semplice applicazione.
Già con la sentenza n. 30227/2020, la Cassazione aveva precisato che la diversa qualificazione del gestore della struttura ricettiva non deve avere effetto retroattivo in quanto la modifica del quadro normativo di riferimento non ha comportato un “fenomeno di abolitio criminis”, il quale, per converso, si determinerebbe solo qualora la modifica riguardasse norme effettivamente integratrici della legge penale (si veda nostra news del 11/11/2020).
Recentemente, con la sentenza n. 206/2021 del 26 maggio scorso, la Corte di Conti, sez. giurisdizionale per l’Emilia Romagna ha statuito che, anche a seguito della modifica legislativa, “il cliente della struttura, e non quest’ultima, è soggetto passivo dell’imposta di soggiorno e, pur essendo stata depenalizzata la condotta illecita del gestore della struttura alberghiera, nulla è cambiato in ordine alla sua responsabilità contabile per omesso riversamento dell’imposta di soggiorno. Invero, il gestore della struttura alberghiera deve provvedere all’incasso della tassa di soggiorno, accantonandola, e successivamente deve versarla al Comune”.
Di conseguenza “[…] anche se è qualificato dalla novella come responsabile d’imposta, per le somme a destinazione pubblica, incamerate all’atto del soggiorno in albergo dei clienti, resta confermato l’obbligo a suo carico di riversarle nelle casse dell’ente locale […]” e tale conclusione si pone in linea con il principio posto dalla Sezioni riunite della Corte dei Conti con sentenza n. 22/2016/QM.
In conclusione quindi, per i giudici contabili, il rapporto che lega il gestore al Comune è da configurarsi come rapporto di servizio, corredato dagli specifici obblighi azionabili di fronte al Giudice contabile.