Con la sentenza n. 550/7/2025, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio ha stabilito che, durante ristrutturazioni radicali, l’IMU deve essere calcolata sul valore dell’area edificabile, non sulla rendita catastale, confermando la decisione di primo grado e l’interpretazione normativa riportata all’art. 1 comma 746 della L. 160/2019: “(…) In caso di utilizzazione edificatoria dell’area, di demolizione di fabbricato, di interventi di recupero a norma dell’articolo 3, comma 1, lettere c), d) e f), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, la base imponibile è costituita dal valore dell’area, la quale è considerata fabbricabile, senza computare il valore del fabbricato in corso d’opera, fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, ricostruzione o ristrutturazione ovvero, se antecedente, fino alla data in cui il fabbricato costruito, ricostruito o ristrutturato è comunque utilizzato (…)” .
Il contenzioso è nato a seguito della notifica di un avviso di accertamento IMU da parte del Comune che ha richiesto al contribuente per l’immobile in fase di ristrutturazione il pagamento di un importo più elevato rispetto a quanto dallo stesso dichiarato. Il contribuente ha presentato ricorso alla Corte Tributaria di primo grado, che ha ritenuto illegittimo l’accertamento in quanto dalla documentazione tecnica e amministrativa si riscontrava la portata rilevante della ristrutturazione, rendendo inappropriato l’uso della rendita catastale per il calcolo dell’IMU.
Il Comune ha allora presentato appello, basandosi sul fatto che il contribuente avrebbe dovuto aggiornare il valore catastale dell’area attraverso la procedura Docfa prima di versare l’IMU contestando la correttezza del metodo di calcolo utilizzato.
La Corte Tributaria di secondo grado ha respinto l’impugnazione dell’Ente, confermando la sentenza di primo grado e ribadendo che l’IMU deve essere determinata sulla base del valore dell’area fabbricabile fino al completamento dell’opera di ristrutturazione in quanto l’edificio in tale fase non è pienamente utilizzabile, venendo così meno la sua funzione abitativa, motivo per cui la sua rendita catastale non rispecchia il valore reale dell’immobile durante i lavori.
Per gli Uffici Tributi, al fine di verificare i corretti versamenti IMU per gli immobili oggetto di ristrutturazione, è pertanto importante avere prove concrete sullo stato dell’immobile e valutare per ogni caso il tipo di interventi di ristrutturazione effettuati, attenendosi alle definizioni riportate all’articolo 3, comma 1, lettere c), d) e f), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380: c) “interventi di restauro e di risanamento conservativo” quali ad esempio il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio; d) “interventi di ristrutturazione edilizia” quali ad esempio il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti, interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico; f) gli “interventi di ristrutturazione urbanistica” quelli rivolti a sostituire l’esistente tessuto urbanistico – edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale.