Con sentenza n. 913/2020 il TAR Lecce si è espresso in merito all’esercizio, da parte degli enti, della deroga ai limiti dei coefficienti di produttività dei rifiuti contenuti nel DPR n. 158/1999, concessa per ultimo dal D.L. n. 124/2019 che all’articolo 57-bis, comma 1 ha previsto quanto segue:
“a) al comma 652, terzo periodo, le parole: «per gli anni 2014, 2015, 2016, 2017, 2018 e 2019» sono sostituite dalle seguenti: «per gli anni a decorrere dal 2014 e fino a diversa regolamentazione disposta dall’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, ai sensi dell’articolo 1, comma 527, della legge 27 dicembre 2017, n. 205»”.
Nel caso specifico una RSA impugnava la deliberazione di Consiglio Comunale di approvazione del Piano finanziario TARI e delle relative tariffe per l’anno 2019: ai fini del calcolo di queste ultime, l’ente aveva applicato, con riferimento alle strutture di cura e di ricovero, una maggiorazione del coefficiente potenziale di produzione dei rifiuti.
La ricorrente sosteneva, tra le molteplici motivazioni del ricorso, l’assenza di motivazione in ordine alla scelta di derogare ai coefficienti di cui al citato DPR 158/1999, affermando che:
“[…] Se è vero che la legge di bilancio n. 145/2018 ha prorogato anche al 2019 la possibilità di derogare ai coefficienti ministeriali del D.P.R. n. 158/99 nell’ambito della forbice superiore o inferiore al 50% rispetto alla tabella in vigore, è altrettanto vero che l’ampliamento della forbice dei coefficienti di calcolo, pur consentita, necessita di una motivazione tecnica e puntuale, proprio in virtù della sua natura derogatoria (e dovendo comunque rispondere a criteri di razionalità ed omogeneità nella sua applicazione specifica)”.
I giudici, nell’accogliere il ricorso, hanno confermato la necessità di motivare puntualmente la scelta dell’ente di derogare ai coefficienti di produttività dei rifiuti, dichiarando l’illegittimità della delibera e affermando quanto segue:
“[…] se è vero che i coefficienti decisi dal Comune con riferimento alle case di cura rappresentano un aumento del 50% rispetto ai massimi consentiti dalle tabelle 3B e 4B di cui al D.P.R. n. 158/1999, è altrettanto vero che, trattandosi di una deroga alla regola generale (consentita dall’art. 1, comma 652, Legge n. 147/2013), questa avrebbe dovuto essere adeguatamente motivata, ma ciò non risulta affatto dagli atti impugnati […]”.
L’orientamento del TAR rischia di creare un pericoloso precedente per i Comuni che in larga misura si sono avvalsi della facoltà concessa dal legislatore, derogando i coefficienti già da diversi anni (la prima deroga era stata disposta per l’anno 2014). La necessità di motivare l’impiego di coefficienti maggiorati o ridotti potrebbe complicare il mantenimento di tali deroghe in quanto le scelte erano di sovente dettate dalla necessità di un riequilibrio nella tassazione tra le diverse categorie, soprattutto non domestiche.