L’utilizzo di strumenti informatici e digitali nello svolgimento delle prove scritte dei concorsi pubblici non costituisce un obbligo, sicché le amministrazioni potrebbero anche decidere di svolgerle secondo modalità tradizionali.
Tuttavia, in questo caso, l’Amministrazione è tenuta a motivare opportunamente la sua scelta, dimostrandone la coerenza con il fine di assicurare il migliore e più efficiente metodo di selezione nel caso concreto, e ad indicare nei bandi di concorso tutte le prescrizioni volte ad assicurare l’imparzialità della procedura.
Lo ha affermato il T.A.R. del Lazio, Sezione Seconda Bis, nella recente sentenza n. 2948 del 13 febbraio 2024.
Invero, i Giudici hanno ricordato che, nel testo previgente, l’art. 13, comma 2, del DPR 487/1994 sanciva l’obbligatorietà della redazione degli elaborati delle prove di concorso (come reso palese dall’avverbio “esclusivamente”) “su carta portante il timbro dell’ufficio e la firma di un componente della commissione esaminatrice….”, mentre ora, dopo le modifiche introdotte dall’art. 1, comma 1, lettera n), del DPR 16 giugno 2023, n. 82, il testo della norma prevede solo la redazione degli elaborati “in modalità digitale attraverso la strumentazione fornita per lo svolgimento delle prove”, specificandone le condizioni (tempo aggiuntivo per malfunzionamento, non modificabilità del documento salvato dal candidato, disabilitazione della connessione internet).
Per cui, sia l’esegesi testuale operata nel raffronto tra la precedente versione testuale della norma e quella attuale (che non include più l’avverbio “esclusivamente”), sia l’interpretazione sistematica in rapporto all’art. 1, comma 3, D.P.R. 487/’94, a norma del quale è essenziale garantire lo svolgimento del concorso pubblico in modo da assicurarne l’imparzialità e l’efficienza, rendendo possibile (e non doveroso) l’ausilio di sistemi informatici (“Il concorso pubblico si svolge con modalità che ne garantiscano l’imparzialità, l’efficienza, l’efficacia nel soddisfare i fabbisogni dell’amministrazione reclutante e la celerità di espletamento ricorrendo, ove necessario, all’ausilio di sistemi automatizzati diretti anche a realizzare forme di preselezione e a selezioni decentrate per circoscrizione territoriali”), inducono il Collegio a condividere la tesi del Comune resistente, secondo la quale pur registrandosi una preferenza legislativa per promuovere l’utilizzo dello strumento informatico, le modalità di svolgimento delle selezioni pubbliche sono rimesse alla discrezionalità della P.A. e devono rispondere a logiche di razionalità e efficienza organizzativa.
Ciò comporta però due importanti conseguenze.
La prima è che, a mente dell’art. 13, comma 2, del DPR 487/1994, nel testo modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera n), del D.P.R. 16 giugno 2023, n. 82, l’uso della tradizionale forma di redazione degli elaborati mediante supporto cartaceo non è illegittima, ma non gode più di quella presunzione di imparzialità e di efficacia che era immanente nella previsione regolamentare originale, con la conseguenza che l’Amministrazione è tenuta a motivare opportunamente circa la preferenza delle prove in detta modalità, dimostrandone la coerenza con il fine di assicurare il migliore e più efficiente metodo di selezione nel caso concreto.
La seconda è che, rispetto all’uso nelle prove scritte di supporti informatici, la redazione degli elaborati su carta dovrà essere disciplinata specificatamente dall’Ente, non potendosi più contare sulle garanzie formali che erano precedentemente previste dall’art. 13 comma 2 del DPR 487/1984 (e dunque spetterà all’Ente indicare nel bando di concorso le prescrizioni volte ad assicurare in concreto l’anonimato dell’elaborato durante la sua correzione ai fini dell’assegnazione del punteggio, la sua effettiva riferibilità al candidato, che quest’ultimo lo abbia redatto durante le prove e così via).