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Il divieto di svolgimento di funzioni direttive per i condannati per reati contro la pubblica amministrazione va inteso in senso ampio

L’art. 35-bis del D.Lgs. 8 aprile 2001 n. 165, rubricato come “Prevenzione del fenomeno della corruzione nella formazione di commissioni e nelle assegnazioni agli uffici” recita che “Coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del Codice penale: a) non possono fare parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l’accesso o la selezione a pubblici impieghi; b) non possono essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all’acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o all’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati; c) non possono fare parte delle commissioni per la scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari nonché per l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere.
La disposizione prevista al comma 1 integra le leggi e regolamenti che disciplinano la formazione di commissioni e la nomina dei relativi segretari
“.

Orbene, secondo la Suprema Corte di Cassazione, non poter essere assegnati ‘anche con funzioni direttive‘ ad uffici preposti alla gestione di risorse finanziarie, vuol dire letteralmente che, a prescindere dalla circostanza del possesso o meno di funzioni direttive, il soggetto incaricato non può essere assegnato a ruoli anche di mera collaborazione con quegli uffici, sul rilievo che essendo stato già condannato per avere abusato del pubblico ufficio in precedenza ricoperto, viene dalla legge reputato inidoneo a ricoprire un nuovo incarico, comunque denominato, implicante la gestione di pubblico denaro.

Nel caso di specie, infatti, era emerso che, date le ridottissime dimensioni dell’apparato amministrativo del Comune conferente, l’incarico di istruttore direttivo amministrativo D1 conferito al funzionario comportava in realtà che egli svolgesse attività amministrativa di coordinamento tra i vari uffici e che, in forza dell’innegabile esperienza lavorativa acquisita, contribuisse all’adozione di pressoché tutte le delibere comunali, occupandosi, altresì, della gestione dei rapporti dell’ente comunale con gli enti esterni.

Lo ha affermato la Sesta Sez. Penale della Cassazione nella recente sentenza n. 15886/2022, con la quale i Giudici hanno confermato la condanna per il reato di abuso d’ufficio a carico di un assessore che ha assunto un funzionario con lo stesso precedente.

Tags: Abuso d'ufficio, Incarichi dirigenziali