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Il condannato in primo grado non può fare l’istruttore direttivo contabile del Comune

Un condannato in primo grado per i reati di abuso d’ufficio e falsità ideologica non può ricoprire l’incarico di istruttore direttivo contabile del Comune, anche se la pena è stata sospesa. Lo stabilisce l’Anac nell’atto del presidente del 4 aprile 2023 approvato in seguito alla richiesta di parere di un comune laziale. 

La norma a cui fa riferimento l’Autorità è l’articolo 35 bis del decreto legislativo 165/2001 che “rappresenta una nuova e diversa fattispecie di inconferibilità, atta a prevenire il discredito, altrimenti derivante all’Amministrazione, dovuto all’affidamento di funzioni sensibili a dipendenti che, a vario titolo, abbiano commesso certi reati o siano sospettati di infedeltà”.

È precluso quindi il conferimento di alcuni uffici o lo svolgimento di specifiche attività ed incarichi particolarmente esposti al rischio corruzione non solo, come stabilito dall’articolo 3 del decreto legislativo 39/2013, a coloro che esercitano funzioni dirigenziali ma anche a quanti vengano affidati meri compiti di segreteria o funzioni direttive e non di vertice.

Quanto alla sospensione condizionale della pena, l’Autorità ha sistematicamente ribadito la piena operatività dell’inconferibilità anche nell’ipotesi in cui la sentenza di condanna che ne costituisce il presupposto sospenda la pena. In più occasioni (da ultimo nella delibera n. 427 del 14 settembre 2022) Anac ha evidenziato come l’inconferibilità non rientri nella categoria delle misure sanzionatorie (penali o amministrative) ma attenga ad uno status soggettivo in cui viene a trovarsi colui che è stato condannato, anche con sentenza non passata in giudicato, per uno dei reati contro la pubblica amministrazione previsti dal codice penale.

L’inconferibilità ha la funzione di prevenzione della corruzione e di garanzia dell’imparzialità dell’amministrazione e, di conseguenza, non subisce gli effetti indicati dalla sospensione della pena (in questi termini, del resto, si è espresso anche il Consiglio di Stato nella sentenza n. 6538 del 25 luglio 2022).

Dunque, nel caso in esame, è vietata sine die l’assegnazione dei compiti e delle funzioni descritte dall’art. 35 bis d.lgs. n. 165/2001 al dipendente condannato per i reati di abuso d’ufficio e falsità ideologica anche se la pena risulti sospesa. Tuttavia Anac rimanda a quanto stabilito di recente dalla giurisprudenza amministrativa: la condanna non esclude l’assunzione in servizio presso una pubblica amministrazione, ma soltanto eventualmente l’assegnazione di specifiche funzioni incompatibili con la condanna penale. Spetta pertanto all’amministrazione valutare, nel caso specifico, i presupposti per l’assunzione e l’eventuale assegnazione di mansioni non incompatibili, in conformità con il quadro normativo di riferimento ed il proprio ordinamento.

Tags: ANAC, Inconferibilità