Con l’ordinanza 16792/2021, la Cassazione ha stabilito che l’Imposta comunale sulla pubblicità è dovuta anche in mancanza di una effettiva diffusione di un messaggio pubblicitario.
Una società concessionaria del servizio di trasporto pubblico urbano riceveva avviso di accertamento per omesso pagamento dell’ICP relativo ai mezzi pubblicitari installati in alcune paline indicative delle fermate dei mezzi e in alcune pensiline di sua proprietà installate sul territorio di un Comune ma non più utilizzate.
Ricorrendo in Cassazione, la contribuente denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 6, 7 e 8 D.Lgs. n. 507/1993 e dell’art. 47 D.P.R. n. 495/1992 in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., poiché lo scopo primario delle paline e delle pensiline era diretto al servizio pubblico di trasporto urbano e non allo svolgimento di pubblicità; inoltre, secondo la ricorrente non poteva esserci imposizione per la mera disponibilità degli impianti, dato che l’utilizzo a fini pubblicitari non si concretizzava.
La Cassazione ha ritenuto infondato il motivo dedotto dalla ricorrente. Richiamando un consolidato orientamento (Cass. 6446/2004, 16117/2007, 27900/2009, 12783/2018) ha precisato che “In tema di imposta comunale sulla pubblicità, l’oggetto del tributo va individuato, in base al complesso della disciplina dettata dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 1 e s.s., nella mera disponibilità del mezzo pubblicitario (impianto di affissione, come nella fattispecie, o altro) e non già nell’attività di diffusione di messaggi pubblicitari attraverso la effettiva utilizzazione del mezzo stesso”. Infatti, “Il presupposto impositivo dell’imposta comunale sulla pubblicità non è la concreta utilizzazione del mezzo pubblicitario mediante il quale il messaggio viene diffuso, bensì la mera disponibilità di un mezzo destinato al potenziale uso pubblicitario, in quanto, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 5 e s.s., l’oggetto del tributo va individuato nel “mezzo disponibile” e non nel “mezzo disponibile effettivamente utilizzato per la diffusione di messaggi pubblicitari” né, tantomeno, nell’attività di diffusione di tali messaggi”.
Il principio posto dalla Cassazione commentata potrebbe porre alcuni dubbi circa la sua applicabilità anche al Canone unico patrimoniale, dato che l’art. 1 co. 819 L. 160/2019 descrive il presupposto impositivo nella diffusione di messaggi pubblicitari mediante impianti installati su aree appartenenti al demanio, al patrimonio indisponibile degli enti o su beni privati se visibili da luogo pubblico. Il dato letterale della norma quindi potrebbe far supporre che il presupposto CUP si differenzi da quello ICP cui la Cassazione fa riferimento.
Tuttavia, segnaliamo che già l’art. 5 co. 1 D.Lgs. 507/1993 faceva già a suo tempo riferimento alla “diffusione di messaggi pubblicitari effettuati attraverso forme di comunicazione visive o acustiche, diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni”. Sarà opportuno monitorare gli orientamenti giurisprudenziali futuri al fine di capire se la normativa CUP sarà interpretata estensivamente nel senso posto dalla Cassazione in commento, giungendo quindi a confermare l’applicabilità del CUP anche qualora il mezzo pubblicitario non sia concretamente utilizzato.