Con sentenza n. 6216 del 23 giugno 2023, il Consiglio di Stato ha evidenziato che nel giudizio valutativo delle prove dei concorsi pubblici, “l’incongruenza fra la prova proposta, il metodo di correzione degli elaborati e le conclusioni raggiunte, sulla base di un parametro non previsto né prevedibile dal candidato, si sostanzia in un elemento indicativo, sul piano sintomatico, di un potere di valutazione dell’elaborato non conforme ai canoni generali dell’azione amministrativa, pur connotati da discrezionalità di carattere tecnico e, dunque, sindacabile nella presente sede giurisdizionale”.
Nella fattispecie in esame, la Sezione non ha reputato legittimo, sulla base di un controllo estrinseco, l’esercizio del potere valutativo della prova di diritto civile della candidata, nell’ambito del concorso in magistratura ordinaria, per il fatto di aver assegnato valore dirimente esclusivo alla mancata trattazione di argomenti che non erano espressamente richiesti dalla traccia; astrattamente idonei, peraltro, ad essere valorizzati, in senso positivo, in termini di punteggio, ma non già a fondare, in negativo, un giudizio di insufficienza.
I Giudici, tuttavia, hanno ritenuto opportuno ribadire che, ai fini dell’adeguatezza della motivazione nei giudizi valutativi delle prove concorsuali, “è sufficiente l’attribuzione del voto numerico, qualora l’elaborato non raggiunga nemmeno la soglia della sufficienza, senza necessità di ulteriori indicazioni e chiarimenti a mezzo di proposizioni esplicative, di glosse, annotazione e segni grafici” (cfr., ex plurimis: Cons. Stato, V, 13 luglio 2010, n. 4528; Id., IV, 15 febbraio 2010, n. 835, 13 gennaio 2010, n. 92, 11 maggio 2009, n. 2880 e 11 luglio 2008, n. 3480).