La Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia Romagna, nona sezione, con la sentenza 349 dell’8 marzo 2023 ha stabilito che una parrocchia non ha diritto all’esenzione dal pagamento IMU per gli immobili adibiti a usi religiosi e di culto, se li concede in comodato a terzi per feste, rappresentazioni teatrali, concerti e, in generale, per attività ricreative, in quanto l’agevolazione non spetta se gli immobili non vengono utilizzati direttamente dall’ente proprietario e l’utilizzo è promiscuo con soggetti diversi.
Nel caso in esame dai giudici la parrocchia ha concesso in comodato ad altri soggetti un immobile, destinato a usi religiosi e di culto per attività ricreative.
L’articolo 1, comma 759, lettera g) della legge di bilancio 2020 (160/2019), che ripropone le stesse condizioni della precedente normativa disciplinata dall’articolo 7, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 504/1992, prevede per gli enti il diritto all’esenzione con il requisito essenziale del possesso qualificato da parte dell’ente non commerciale e l’utilizzo diretto da parte dello stesso : “ Sono esenti dall’imposta: (…) i) gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, fatta eccezione per gli immobili posseduti da partiti politici, che restano comunque assoggettati all’imposta indipendentemente dalla destinazione d’uso dell’immobile, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222”.
In tema di attività ricettive e scolastiche con finalità solidaristiche la Cassazione, con l’ordinanza 18831/2020, ha affermato che l’IMU è comunque dovuta dalle parrocchie in quanto sono irrilevanti ai fini tributari le finalità solidaristiche che connotano le attività svolte. Ciò che i giudici tributari devono accertare è se le attività siano rivolte a un pubblico indifferenziato o a categorie predefinite di soggetti, se vengono svolte per tutto l’anno e quali tariffe e compensi vengono applicate, escludendo l’esenzione qualora un ente non profit svolga un’attività a dimensione imprenditoriale anche se non prevalente. Inoltre la Cassazione precisa che un ente non commerciale non ha diritto all’esenzione anche se le rette richieste non coprono i costi di gestione, in quanto la stessa può essere concessa solo se tali quote coprono una frazione dei relativi costi definendosi in tal caso come rette meramente simboliche.