Con un emendamento presentato al disegno di Legge di bilancio per l’anno 2024, apportato dai relatori in data 13 dicembre 2024, nell’esame in Commissione Bilancio al Senato, il legislatore è intervenuto con una norma interpretativa che riguarda gli immobili posseduti da enti non commerciali ricompresi quindi anche quelli appartenenti alla Chiesa.
In particolare, la precisazione riguarda l’esclusione dall’imposizione IMU per gli immobili concessi in comodato nelle quali si svolge una delle attività previste dalla norma con modalità non commerciali: assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive.
L’art. 18-quater al comma 1 precisa infatti che “(Norma interpretativa e presunzione legale Esenzione IMU relativa alle attività di cui all’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 e urgenti disposizioni in materia fiscale) 1. L’articolo 1, comma 759, lettera g), della legge 27 dicembre 2019, n. 160, nonché le norme da questo richiamate o sostituite, si interpretano, per gli effetti di cui all’articolo 1, comma 2 della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel senso che: 1) gli immobili si intendono “posseduti” anche nel caso in cui sono concessi in comodato a un soggetto di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, a condizione che il comodatario svolga nell’immobile esclusivamente le attività previste dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, con modalità non commerciali; 2) gli immobili si intendono “utilizzati” quando strumentali alle destinazioni di cui all’articolo 7, comma 1, lettera i) del decreto legislativo n. 504 del 1992, anche in assenza temporanea di esercizio attuale delle attività stesse”.
Il problema che nascerebbe se tale emendamento dovesse essere confermato non sarà di poco conto per le casse degli Enti in quanto la disposizione interpretativa avrebbe effetto retroattivo aprendo ai contribuenti la possibilità di richiedere il rimborso entro i termini della prescrizione.
La medesima questione era già stata oggetto di interpretazione da parte del Ministero dell’economia e dalle Finanze con la risoluzione 4/DF/ del 4 marzo 2013.
La norma introdotta in linea con la risoluzione sopra citata si pone però in contrasto con l’orientamento della Cassazione (tra le tante, Cassazione n. 9444/2023, n. 15372/2021, n. 3245/2021, n. 13691/2019) che si è spesso pronunciata ritenendo quale condizione per poter usufruire dell’esonero dettato dalla norma solo l’utilizzo diretto dell’immobile da parte dell’ente possessore. Nel caso di immobile dato in comodato non rileva l’utilizzo che ne fa il comodatario, che non è soggetto passivo, ciò che difetta, ai fini dell’esenzione IMU, è il requisito dello svolgimento dell’attività esente direttamente da parte del proprietario-possessore.
Da tale emendamento deriva che tutti i contribuenti che hanno fatto affidamento a tale interpretazione prevalente della giurisprudenza, versando il tributo richiesto, hanno versato più di quanto dovuto.
Si auspica pertanto che il legislatore anziché introdurre una norma interpretativa, inserisca una nuova disposizione riconoscendo l’esonero IMU anche nel caso di concessione in comodato per svolgere le attività non commerciali di cui all’articolo 7, comma 1, lettera i) del decreto legislativo n. 504 del 1992, in modo da superare il principio del beneficio retroattivo della riforma in melius di una fattispecie sanzionabile.