Con deliberazione n. 91/2020/PAR, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Liguria ha ritenuto possibile escludere, ai fini della corretta determinazione delle capacità assunzionali di personale a tempo indeterminato disciplinate dall’art. 33, comma 2, del d.l. n. 34 del 2019 (come specificate dal DM 17 marzo 2020), le spese impegnate per il reclutamento di personale a tempo determinato a valere su specifici finanziamenti, finalizzati e temporalmente limitati, attribuiti dallo Stato.
Trattasi, a ben vedere, di un’interpretazione corroborata da precedenti pronunciamenti della magistratura contabile riferiti alle modalità applicative di altre disposizioni di finanza pubblica. Su tutte, spicca per importanza la deliberazione con la quale le Sezioni riunite in sede di controllo (cfr. delibera n. 7/2011/CONTR) avevano escluso dai vincoli finanziari posti ai contratti di consulenza le spese coperte da “finanziamenti aggiuntivi e specifici da parte di soggetti pubblici e privati”. Diversamente, veniva chiarito, la norma finirebbe con l’impedire tali spese anche quando specificatamente finanziate “da soggetti estranei all’ente locale”, con l’effetto non più di conseguire risparmi, ma di ridurle tout court, a prescindere dall’effettivo impatto sul bilancio.
In seguito, analogo ragionamento risulta fatto proprio dalla Sezione delle Autonomie, nelle motivazioni della deliberazione n. 26/2014/QMIG, anche con riguardo ai tetti posti al salario accessorio, nella misura in cui le risorse affluiscano ai fondi solo in modo figurativo, in quanto etero-finanziate (“risorse di provenienza esterna all’ente, con vincolo di destinazione all’origine”), come tali prive di effettivo impatto sul bilancio dell’ente locale, senza distinguere fra soggetto finanziatore, se pubblico o privato.
Anche la deliberazione della Sezione delle autonomie n. 23/2017/QMIG, richiamando quanto riportato in una pronuncia di poco precedente, la n. 20/2017/QMIG (riferita ai tetti posti al trattamento accessorio del personale dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 27 del 2017), ha adottato un orientamento omogeneo ai fini del rispetto dei limiti di finanza pubblica posti alle spese complessive del personale ed alle assunzioni con contratti c.d. flessibili (sottolineando la necessità dell’assenza di oneri a carico del bilancio dell’ente ricevente, nonché della correlazione tra durata dei contratti e perdurare dei relativi finanziamenti).
Si tratta di approdi interpretativi che valorizzano, nel presupposto dell’assenza di oneri per l’ente territoriale, l’esigenza di garantire adeguata flessibilità operativa alle amministrazioni pubbliche, l’erogazione delle cui attività istituzionali, prescritte dalla legge (statale o regionale), possono mutare nel tempo, richiedendo un temporaneo necessario incremento di spesa, specificatamente finanziato da una corrispondente entrata finalizzata. In caso contrario, si limiterebbe la possibilità, per lo Stato o per le regioni, come a qualsiasi altro ente pubblico, di delegare, avvalersi o, comunque, di utilizzare l’articolazione organizzativa di altra amministrazione, nei casi in cui la legge lo preveda, imponendo un’antieconomica duplicazione di strutture (e relativo personale) e un irrigidimento nella taratura delle dotazioni organiche (in distonia con l’esigenza di temporaneità e flessibilità, nonché di coerenza alle missioni istituzionali pro tempore attribuite dalla legge, alla base dell’art. 6 del d.lgs. n. 165 del 2011, come novellato dall’art. 4 del d.lgs. n. 75 del 2017).
La Sezione, poi, non ha dimenticato di segnalare che il legislatore, in aderenza agli indirizzi giurisprudenziali sopra esposti, ha dettato di recente una regola specifica proprio con riferimento alla corretta determinazione del rapporto fra spese di personale ed entrate correnti ai fini dell’individuazione delle capacità assunzionali a tempo indeterminato, disciplinate dall’art. 33 del d.l. n. 34 del 2019. Nello specifico, il comma 3-septies dell’art. 57 del decreto-legge n. 104 del 2020, inserito dalla legge di conversione n. 126 del 2020, ha disposto che “a decorrere dall’anno 2021 le spese di personale riferite alle assunzioni, effettuate in data successiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, finanziate integralmente da risorse provenienti da altri soggetti, espressamente finalizzate a nuove assunzioni e previste da apposita normativa, e le corrispondenti entrate correnti poste a copertura delle stesse non rilevano ai fini della verifica del rispetto del valore soglia di cui ai commi 1, 1-bis e 2 dell’articolo 33 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, per il periodo in cui è garantito il predetto finanziamento. In caso di finanziamento parziale, ai fini del predetto valore soglia non rilevano l’entrata e la spesa di personale per un importo corrispondente”.
La precisazione legislativa, che conferma il principio di carattere generale dell’esclusione, ai fini dell’osservanza di norme di finanza pubblica da parte degli enti territoriali, delle spese aventi fonte in finanziamenti finalizzati provenienti da altri soggetti, non impatta però direttamente sul principale dubbio interpretativo sollevato dal Comune istante, incentrato sulla corretta applicazione dell’incremento massimo, ammesso nell’arco temporale transitorio 2020-2024, dall’art. 5 del DM 17 marzo 2020 (mentre, in base a quanto desumibile dalla richiesta di parere, “la spesa di personale rapportata alle entrate correnti risulta in ogni caso inferiore al valore soglia”, definito dal precedente art. 4). Tuttavia, esprime un principio di carattere generale in materia di precisa determinazione delle capacità assunzionali di personale a tempo indeterminato da parte degli enti territoriali, che si pone in continuità con deroghe similari, già previste dal legislatore in casi specifici (qual è, per esempio, l’illustrato art. 2 del d.l. n. 109 del 2018) o emerse nell’elaborazione della giurisprudenza contabile (in precedenza richiamata).
Il tenore letterale della disposizione in parola, afferma perciò in conclusione il Collegio, appare coerente con i recenti approdi della giurisprudenza contabile, in base ai quali risulta possibile, ai fini dell’osservanza dei limiti posti alla spesa complessiva per il personale, non conteggiare le spese coperte da specifico finanziamento finalizzato proveniente da altro ente pubblico (e, ove la norma sia costruita in termini di rapporto, la corrispondente entrata), purché vi sia assenza di ulteriori oneri a carico del bilancio dell’ente locale (principio di neutralità finanziaria) e correlazione fra l’ammontare del finanziamento ricevuto e le assunzioni effettuate (anche sotto il profilo temporale).