Sussiste danno erariale in caso di indebita percezione dell’indennità di turno per carenza di effettiva turnazione. La destinazione di determinate risorse finanziarie in modo vincolato ad un fondo per il pagamento di emolumenti accessori ai dipendenti dell’ente pubblico locale, non ne esclude infatti la connotazione pubblicistica, in quanto, quale che sia la fonte dell’entrata, l’acquisizione al bilancio pubblico ne determina la natura di cespite erariale; per cui la perdita di essa (anche sotto forma di spesa ingiustificata) comporta l’insorgenza di un danno definibile erariale.
Lo ha stabilito la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti dell’Umbria con la sentenza n. 81/2020.
Nel caso di specie l’indennità di turno era stata corrisposta alla dipendente nonostante la stessa, nel periodo considerato, non avesse svolto un orario lavorativo caratterizzato da una distribuzione effettivamente equilibrata e avvicendata dei turni, condizione imprescindibilmente richiesta dalla normativa contrattuale quale presupposto legittimante la corresponsione dell’indennità.
Dal riscontro dei tabulati delle sue presenze giornaliere, è infatti emerso che la dipendente medesima ha svolto orari quasi soltanto antimeridiani, con carenza del necessario avvicendamento turnario implicante il disagio che l’emolumento accessorio è finalizzato a compensare.
In coerenza con quanto precisato in proposito dall’Aran (cfr. Ral 748 dell’11/10/2011), precisa in particolare la Corte, non può ritenersi ragionevolmente “equilibrata” una turnazione, come quella in esame, in cui i turni effettuati in orario antimeridiano risultano su scala mensile superiori al 60%, quelli pomeridiani inferiori al 40% e non sia mai stato effettuato un turno notturno (nel caso in esame la dipendente ha svolto il proprio turno di lavoro quasi esclusivamente al mattino, effettuando qualche raro turno pomeridiano mensile).