Sulla Gazzetta Ufficiale n. 188 del 7 agosto 2021 è stata pubblicata la Legge n. 113 del 6 agosto 2021, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, recante: «Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia».
Come già evidenziato in precedenza su questo sito, il comma 1 dell’art. 3 del provvedimento in esame ha innovato profondamente la disciplina dell’istituto delle progressioni verticali (o di carriera), stabilendo che, fatta salva una riserva di almeno il 50 per cento delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, le progressioni fra le aree avverranno d’ora in poi “tramite procedura comparativa basata sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni in servizio, sull’assenza di provvedimenti disciplinari, sul possesso di titoli o competenze professionali ovvero di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area dall’esterno, nonché sul numero e sulla tipologia degli incarichi rivestiti”.
Fermo restando, dunque, il necessario rispetto del principio dell’adeguato accesso dall’esterno, in misura non inferiore al 50% delle posizioni disponibili, d’ora in avanti le promozioni dei dipendenti pubblici verso la categoria o area di inquadramento superiore avverranno sulla base di una semplice procedura comparativa interna (senza quindi alcuna prova selettiva) che si fonda sull’analisi di una serie di fattori: la valutazione dell’ultimo triennio, l’assenza di procedimenti disciplinari, i titoli e le competenze professionali o di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area dall’esterno e gli incarichi rivestiti in precedenza.
Come noto, la disciplina previgente prevedeva invece, in via generale, per l’accesso ad ognuna delle suddette aree, il principio del concorso pubblico, con la possibilità di una quota di riserva di posti da destinare al personale interno all’amministrazione – in possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno (quota non superiore al 50 per cento dei posti messi a concorso).
Con una nuova disposizione inserita durante l’esame del provvedimento al Senato è stato previsto inoltre che, in sede di revisione degli ordinamenti professionali, i contratti collettivi nazionali di lavoro dei comparti per il periodo 2019-2021 potranno definire tabelle di corrispondenza tra vecchi e nuovi inquadramenti, sulla base di requisiti inerenti all’esperienza e alla professionalità maturate ed effettivamente utilizzate dall’amministrazione di appartenenza per almeno cinque anni, anche in deroga al requisito del titolo di studio per l’accesso all’area dall’esterno. Tale disposizione prospetta, quindi, la possibilità di una deroga – nell’ambito della procedura comparativa – a quest’ultimo requisito, confermando che, al di fuori di queste eventuali previsioni contrattuali, la procedura comparativa è subordinata al possesso dei titoli richiesti per l’accesso (alla medesima area o categoria) dall’esterno.
Il presente comma 1 specifica infine che all’attuazione delle norme di cui al medesimo comma si provvede nei limiti delle risorse destinate ad assunzioni di personale a tempo indeterminato disponibili a legislazione vigente, confermando così il fatto che le suddette progressioni erodono le capacità assunzionali a disposizione degli enti.
Resta pertanto solo da capire perché, in sede di conversione, si è voluto specificare che negli enti locali le progressioni verticali saranno ammesse «anche fra qualifiche diverse». Qualcuno sostiene che la riformulazione operata dal Senato sia intesa soltanto ad esplicitare che la nuova disciplina si applica anche alla progressione tra categorie per il personale delle amministrazioni comprese nel comparto Funzioni locali, ove il personale viene notoriamente articolato in categorie, anziché in aree. Ma la soluzione ermeneutica così sinteticamente riassunta non ci convince affatto, atteso che, se davvero il Legislatore avesse voluto fare riferimento alle quattro categorie in cui si articola il sistema di classificazione del personale del comparto delle Funzioni locali, egli avrebbe certamente adoperato il termine “categorie”, anziché il termine “qualifiche”. Inoltre, l’uso della locuzione “anche” lascia chiaramente intendere che il passaggio dei dipendenti degli enti locali ad una diversa qualifica costituisca un’opzione aggiuntiva rispetto al mero passaggio ad un’area (o categoria) differente.
Sembra pertanto più corretto ritenere che con la novella in esame il Parlamento abbia voluto rendere possibile la progressione verticale del personale degli enti locali anche verso la superiore qualifica dirigenziale.