Come noto, il comma 1 dell’art. 3 del decreto-legge n. 80/2021 (c.d. decreto “Reclutamento”) ha innovato profondamente la disciplina dell’istituto delle progressioni verticali (o di carriera), stabilendo che, fatta salva una riserva di almeno il 50 per cento delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, le progressioni fra le aree avvengano “tramite procedura comparativa basata sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni di servizio, sull’assenza di provvedimenti disciplinari, sul possesso di titoli professionali e di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area, nonché sul numero e sulla tipologia degli incarichi rivestiti”.
Fermo restando, dunque, il necessario rispetto del principio dell’adeguato accesso dall’esterno, in misura non inferiore al 50% delle posizioni disponibili, d’ora in avanti per l’attuazione delle progressioni verticali non si dovrà più ricorrere alla riserva nei concorsi pubblici, bensì ad una procedura interna comparativa che si fonda sull’analisi di una serie di fattori: la valutazione dell’ultimo triennio, l’assenza di procedimenti disciplinari, i titoli professionali e di studio oltre a quello richiesto per l’accesso e gli incarichi attribuiti.
La nuova disciplina, tuttavia, come opportunamente rappresentato dai Servizi studi di Camera e Senato, solleva alcuni rilevanti dubbi applicativi che sarebbe opportuno chiarire in sede di conversione del presente decreto-legge.
Bisognerebbe anzitutto specificare se l’accesso all’area/categoria superiore mediante procedura comparativa sia subordinato o meno al possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno, considerato che la novella si limita a far riferimento (ai fini della valutazione comparativa) al possesso di titoli – professionali e di studio – ulteriori.
Il Parlamento dovrà inoltre valutare l’opportunità di chiarire se la procedura comparativa riguardi esclusivamente i dipendenti inquadrati nell’area/categoria immediatamente sottostante oppure no (occorre cioè chiarire se sono consentite o meno le c.d. progressioni verticali “per saltum”).
Da ultimo, varrebbe la pena definire meglio il rapporto tra la novella in esame e la disposizione transitoria di cui all’art. 22, comma 15, del D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75 (la quale consente alle pubbliche amministrazioni, nel solo triennio 2020-2022, di attivare procedure selettive per la progressione tra le aree riservate al personale interno di ruolo entro una certa percentuale massima dei posti previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni).