Alla data del 15 settembre 2020, il lavoro agile cesserà di costituire la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni, ma fino a fine anno gli enti dovranno comunque garantire l’applicazione dello smart working almeno al 50% del personale impiegato nelle attività che possono essere svolte in tale modalità.
A regime, poi, il ricorso al lavoro agile sarà incrementato fino al 60% delle prestazioni che consentono di poter essere eseguite a distanza.
Entro il 31 dicembre di ciascun anno, infatti, ciascuna amministrazione pubblica dovrà redigere un apposito piano, denominato Piano organizzativo del lavoro agile (POLA), con cui dovrà individuare le modalità attuative del lavoro agile prevedendo, per le attività cosiddette smartabili, che almeno il 60 per cento dei dipendenti possa avvalersene, garantendo che gli stessi non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera.
Il suddetto Piano dovrà altresì definire le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti.
In caso di mancata adozione del POLA, infine, il lavoro agile si applicherà ad almeno il 30 per cento dei dipendenti che lo richiederanno.
È quanto prevede un emendamento approvato ieri dalla Commissione Bilancio della Camera all’articolo 263 del decreto “Rilancio”.