Con deliberazione n. 80/2024/PAR, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti del Lazio è tornata nuovamente a pronunciarsi sul tema del conferimento a titolo oneroso di incarichi e cariche in favore di soggetti già collocati in quiescenza.
La Sezione ha ricordato preliminarmente che l’art. 5, co. 9, del D.L. n. 95 del 6 luglio 2012 (e succ.ve mod.) afferma un principio generale di divieto di conferimento di incarichi di studio e consulenza, e/o dirigenziali o direttivi, a soggetti in quiescenza.
In attuazione della sopra citata norma, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ha emanato due circolari.
La prima del 4 dicembre 2014, n. 6, specifica chiaramente che «la disciplina in esame pone puntuali norme di divieto, per le quali vale il criterio di stretta interpretazione ed è esclusa l’interpretazione estensiva o analogica (come chiarito dalla Corte dei conti, Sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato, deliberazione n. 23/2014/prev. del 30 settembre 2014). Incarichi vietati, dunque, sono solo quelli espressamente contemplati: incarichi di studio e di consulenza, incarichi dirigenziali o direttivi, cariche di governo nelle amministrazioni e negli enti e società controllati». «Un’interpretazione estensiva dei divieti in esame potrebbe determinare un’irragionevole compressione dei diritti dei soggetti in quiescenza, in violazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale».
La predetta circolare ha, altresì, precisato che, ai fini dell’applicazione dei divieti, occorre prescindere dalla natura giuridica del rapporto, dovendosi invece considerare l’oggetto dell’incarico.
La successiva circolare 10 novembre 2015, n. 4, che mira espressamente ad integrare le indicazioni della precedente circolare, specifica, invece, che il divieto posto dall’art. 9 del D.L. n. 95 del 2012 «riguarda anche le collaborazioni e gli incarichi attribuiti ai sensi dell’art. 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e dell’articolo 90 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Come già osservato nella circolare n. 6 del 2014, infatti, in assenza di esclusioni al riguardo, devono ritenersi soggetti al divieto anche gli incarichi dirigenziali, direttivi, di studio o di consulenza, assegnati nell’ambito degli uffici di diretta collaborazione di organi politici».
Le due circolari, come evidenziato dai pareri resi dalla Sezioni regionali di controllo per la Liguria e per la Lombardia (rispettivamente, deliberazione n. 27/2016/PAR e deliberazione n. 126/2022/PAR) «non sono antitetiche ma si integrano tra loro, in quanto la seconda si limita… a chiarire come neppure utilizzando lo schema elastico dell’art. 90 TUEL sia possibile, nell’ambito degli enti locali, conferire incarichi dirigenziali o direttivi a soggetti già pensionati».
Il Collegio ricorda, poi, che la Corte dei conti — Sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo, con deliberazione n. SCCLEG/23/2014/PREV, ha circoscritto il divieto posto dall’art. 5, comma cit., agli “incarichi di studio e consulenza” (oltre che agli “incarichi dirigenziali”), senza che lo stesso divieto possa essere esteso ad ulteriori fattispecie, ricorrendo all’analogia, in quanto norma limitatrice e, pertanto, da valutare secondo il criterio della stretta interpretazione enunciato dall’art. 14 delle preleggi.
La questione è stata oggetto di varie pronunce della Corte dei conti (Sez. reg. contr. Basilicata n. 38/2018; Sez. reg. contr. Lombardia n. 126/2022; Sez. reg. contr. Liguria n. 60/2022 e n. 66/2023; anche recenti di questa Sezione, nn. 88 e 133 del 2023) tutte concordi nel ravvisare la ratio del divieto nel risparmio di spesa e nel ricambio generazionale. In senso contrario si registra, peraltro, una sola deliberazione (Sezione reg. contr. Sardegna n. 139/2022).
Nelle pronunzie più recenti la Corte dei conti ha circoscritto il divieto agli incarichi di studio e di consulenza (oltre che direttivi e dirigenziali) ritenendo lo stesso divieto non possa estendersi ad “attività di mera condivisione” quali la “formazione operativa e il primo affiancamento del personale neo assunto” (Sezione reg. contr. Liguria n. 66/2023) o ad “attività di mera assistenza” quali “attività caratterizzata, in negativo, dalla mancanza di competenze specialistiche che non rientri nelle ipotesi di contratto d’opera intellettuale del 2229 cc. (Sezione reg. contr. Lazio n. 88/2023).
Nella stessa ottica, con la precedente deliberazione n. 133 del 2023, questo stesso Collegio ha concluso che il conferimento a titolo oneroso di incarichi e cariche in favore di soggetti già collocati in quiescenza, per essere legittimo necessita, quindi di una effettiva (e non elusiva) esclusione dal campo di applicazione del divieto previsto dall’art. 5, comma 9, del decreto n. 95/2012), evidenziando anche che il Legislatore ha gradualmente introdotto una serie sempre più estesa di eccezioni al suddetto divieto, con deroghe espresse all’art. 5, comma 9, del d.l. n. 95/2012 (si fa riferimento all’art. 2–bis, comma 5, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18; all’art. 3-bis del d.l. 14 gennaio 2021, n. 2; all’art. 10 del d.l. 30 aprile 2022, n. 36; all’art. 11, comma 3, del d.l. 10 agosto 2023, n. 105).
La tassatività delle fattispecie vietate dal Legislatore, dunque, fa sì che le attività consentite per gli incarichi si ricavino a contrario.
Per i Giudici, si tratta quindi di verificare se gli incarichi da conferire, ai sensi dell’articolo 5 comma 9, del D.L. n. 95/2012, siano non solo astrattamente non ricompresi nel divieto normativo, in quanto non rientranti nell’elencazione tassativa della norma, ma comportino o meno lo svolgimento, in concreto, di funzioni riconducibili agli incarichi normativamente vietati.
Per completezza, il parere evidenzia anche che gli incarichi da conferire non devono configurarsi in contrasto con altre disposizioni limitative, come quella recata dal comma 6 dell’art. 7 del testo unico del pubblico impiego, correttamente richiamata dal Sindaco nella richiesta di parere.