Con la recente sentenza n. 5460 del 15 settembre 2020, il Consiglio di Stato ha ricordato che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza, l’equipollenza tra titoli di studio sussiste solo se espressamente prevista da un atto normativo (cfr. Cons. Stato Sez. V, 28/08/2019, n. 5924) e non può essere desunta in modo implicito o facendo riferimento al criterio analogico come pretenderebbe l’appellante.
Invero, “per comune e consolidato intendimento, ove il bando richieda per la partecipazione ad una procedura evidenziale (concorso pubblico o procedura di gara) il possesso di un determinato titolo di studio o di uno ad esso equipollente, la determinazione dello stesso deve essere intesa in senso 18/9/2020 8/13 tassativo, con riferimento alla valutazione di equipollenza formulata da un atto normativo, e non può essere integrata da valutazioni di tipo sostanziale compiute ex post dall’Amministrazione” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 2012, n. 6260; cfr. altresì, Cons. Stato, sez. VI, 3 maggio 2010, n. 2494).
I principi espressi in precedenza con riferimento al principio di equipollenza comportano anche il rigetto della tesi della c.d. “continenza”, secondo cui il corso di laurea quadriennale in Scienze dell’Educazione sarebbe maggiormente qualificante del titolo di Educatore Professionale conseguito dopo un corso di studi di durata triennale e come tale lo assorbirebbe: è del tutto evidente che in questo modo verrebbe meno il principio di tassatività delle equipollenze stabilito con atto normativo, in quanto la valutazione di equiparazione verrebbe svolta ex post dall’Amministrazione, in contrasto con il costante orientamento della giurisprudenza prima richiamata.