La sola dichiarazione mendace resa all’atto dell’assunzione in merito all’insussistenza di condanne penali può comportare la decadenza dall’impiego?
Con la recente sentenza n. 16994 del 20 giugno 2024 la Cassazione ha ribadito che il determinarsi di falsi documentali (art. 127, lett. d, d.P.R. n. 3 del 1957) o dichiarazioni non veritiere (art. 75 d.P.R. n. 445 del 2000) in occasione dell’accesso al pubblico impiego è causa di decadenza, per conseguente nullità del contratto, solo allorquando tali infedeltà comportino la carenza di un requisito che avrebbe in ogni caso impedito l’instaurazione del rapporto di lavoro con la P.A.
Nelle altre ipotesi, invece, le produzioni o dichiarazioni false effettuate in occasione o ai fini dell’assunzione possono comportare il licenziamento solamente all’esito del relativo procedimento disciplinare e a condizione che, valutate tutte le circostanze del caso concreto, la misura risulti proporzionata rispetto alla gravità dei comportamenti tenuti (Cass. n. 18699/2019, alla cui motivazione si rinvia ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., e altre successive conformi, tra cui Cass. nn. 12460/2022; 16785/2023).
Per la Cassazione, dunque, non esiste alcun automatismo tra dichiarazione mendace e perdita dei benefici.