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Con la nuova disciplina assunzionale la mobilità cessa di essere neutra

Con la recente deliberazione n. 32/2020/PAR, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per l’Emilia Romagna ha evidenziato che, in base all’art. 33, comma 2, del d.l. n. 34/2019, gli spazi assunzionali del personale a tempo indeterminato potranno essere calibrati per ciascun ente, sulla base di uno specifico sistema di virtuosità dell’equilibrio finanziario configurato dalla norma e dal decreto ministeriale attuativo recentemente emanato.

I comuni potranno infatti procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, in coerenza con i piani triennali dei fabbisogni di personale, fermo restando il rispetto pluriennale dell’equilibrio di bilancio asseverato dall’organo di revisione, sino ad una spesa complessiva per tutto il personale dipendente (art. 2, comma 1, lett. a, del decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri del 17 marzo 2020), al lordo degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione, non superiore al valore soglia definito come percentuale, differenziata per fascia demografica, della media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto del fondo crediti dubbia esigibilità stanziato in bilancio di previsione.

Con specifico riferimento alla disciplina previgente (art. 1, comma 562, l. n. 296/2006), l’art. 7 del citato decreto 17 marzo 2020 dispone che “La maggior spesa per assunzioni di personale a tempo indeterminato derivante da quanto previsto dagli articoli 4 e 5 non rileva ai fini del rispetto del limite di spesa previsto dall’art. 1, commi 557-quater e 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296”.

Deve aggiungersi che, a differenza di quanto espressamente previsto dal citato art. 1, comma 562, la nuova disciplina non fa più riferimento ad un “limite di spesa” e cioè all’ammontare della spesa complessiva per il personale sostenuto dall’ente nel 2008, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali (cfr. Corte conti, Sez. aut. n. 4/SEZAUT/2019/QMIG), ma individua una diversa modalità di governo della spesa corrente per spesa di personale, e cioè una “facoltà assunzionale” dell’ente calcolata sulla base di un valore di soglia, definito come percentuale, differenziata per fascia demografica, della media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati dall’ente, calcolate al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE).

Si tratta dunque, afferma la Sezione, di una diversa regola assunzionale con la quale viene indirettamente sollecitata la cura dell’ente nella riscossione delle entrate e la definizione, con modalità accurate, del FCDE. Sicché, nel momento in cui l’ente procederà a bandire una procedura per l’assunzione di una o più unità di personale a tempo indeterminato occorrerà verificare se sussistano gli spazi assunzionali consentiti dal valore di soglia di spesa come sopra disciplinato.

L’omesso riferimento agli “oneri relativi ai rinnovi contrattuali” (espressamente escluso dal limite di spesa previsto dall’art.1, comma 562), precisa ancora il Collegio, appare del tutto coerente con la nuova modalità di governo della spesa introdotta dal legislatore; infatti, mentre lo spazio assunzionale consentito all’ente va calcolato sulla base della descritta disciplina, il controllo sulla copertura e sulla compatibilità dei costi quantificati del Ccnl per il comparto Regioni Enti locali con gli strumenti di programmazione e di bilancio seguirà le regole proprie stabilite dagli artt. 40 del d.lgs. n. 165/2001 per i controlli finanziari previsti in relazione agli oneri recati dai rinnovi contrattuali. Sotto questo profilo, le due modalità di determinazione della spesa per assunzioni a tempo indeterminato (quella prevista dal comma 562 e quella introdotta dal d.l. n. 34/2019) nella sostanza coincidono.

Elemento differenziale da segnalare è dato anche dalla non riconduzione dell’Irap tra le spese da prendere in considerazione per quantificare le spese del personale (art. 2, comma 1, lett. a, del d.m.); si tratta, tuttavia, di una differenza da ritenere coerente con il diverso modello di governo delle assunzioni da parte dei comuni sopra descritta che, anziché prevedere un limite di spesa, e cioè un parametro economico, di stock, a carattere rigido (come quello di cui al citato art.1, comma 562), stabilisce una diversa modalità di calcolo dello spazio assunzionale dell’ente, facendo riferimento ad un parametro finanziario, di flusso, a carattere flessibile.

La peculiarità del nuovo parametro è dunque la flessibilità che in una situazione fisiologica (e dunque al netto di quella contingente, eccezionale e di emergenza) responsabilizza l’ente sul versante della riscossione delle entrate il cui gettito medio nel triennio potrà, se in aumento, offrire anche ulteriori spazi assunzionali.

È sulla base di questo rinnovato quadro normativo di riferimento che i Giudici contabili ritengono necessario valutare il tema dell’equiparabilità della cessazione per mobilità a quella derivante da collocamento a riposo, posto che oramai, ai fini dell’assunzione di nuovo personale, non fa più alcuna differenza la causa di cessazione del rapporto di lavoro.