Con deliberazione n. 3/2022/PAR, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Lombardia ha chiarito che “gli accantonamenti per la copertura e il pagamento degli incentivi derivanti dal maggior gettito accertato e riscosso relativo all’IMU e alla TARI ex art. 1, c. 1091, della legge n.145/2018 e degli incentivi di cui all’art. 113 del d.lgs. n. 50/2016 da destinare al personale interessato allo svolgimento delle funzioni tecniche devono essere determinati al lordo di tutti gli oneri accessori connessi alle erogazioni, ivi comprese le somme che gravano sull’ente a titolo di Irap”.
La Sezione ricorda infatti che il principio di diritto affermato dalle Sezioni Riunite di questa Corte con deliberazione n. 33/2010 “permette di enucleare due punti fermi, a livello interpretativo, a cui debbono conformarsi i pronunciamenti delle Sezioni regionali di controllo”. Da una parte, infatti, è indubbio che il presupposto dell’IRAP indicato dall’art. 2 del D.lgs. n. 446 del 1997, e successive modifiche, è “costituito dall’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi”. (ibidem). Dall’altra, è indiscutibile che le somme destinate al pagamento dell’IRAP devono trovare preventiva copertura finanziaria in sede di costituzione dei fondi destinati a compensare l’attività incentivante, anche in aderenza alla necessità di garantire adeguata copertura ad una qualunque spesa gravante sulle amministrazioni pubbliche e di rispettare il principio del pareggio di bilancio posto dall’art. 81 della Costituzione. In sostanza, come chiaramente affermato nella deliberazione appena richiamata: “le somme indicate per fronteggiare in materia di pubblico impiego gli oneri di spesa, ivi inclusi i fondi di produttività e per i miglioramenti economici, costituiscono le disponibilità complessive massime e, pertanto, non superabili”.
Questi stessi principi sono stati condivisi anche dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. ad es. Corte di Cassazione Civile Ord. Sez. Lavoro n. 27315/2021), la quale ha evidenziato che “se l’amministrazione è tenuta ad erogare il compenso senza trattenere la quota dell’IRAP è nondimeno obbligata al rispetto della disciplina sulla copertura dei fondi imposta dall’articolo 81, comma 4 cost, con la conseguenza che è tenuta a quantificare le somme che gravano sull’ente a titolo di IRAP rendendole indisponibili e successivamente e ripartire l’incentivo corrispondendo ai dipendenti lo stesso al netto degli oneri”.
Per altro, aggiungono i Giudici, per quanto concerne in particolare gli incentivi da maggior gettito IMU e TASI, a tale conclusione si perviene anche sulla base di una mera interpretazione letterale dell’articolo 1, c. 1091, della legge n. 145/2018, che prevede testualmente che i compensi che gli enti locali ripartiscono a titolo di incentivo devono intendersi “al lordo di tutti gli oneri accessori alle erogazioni, ivi compresa la quota IRAP”.
Mentre con specifico riferimento agli incentivi di cui all’articolo 113, c. 3, del d.lgs. n. 50/2016, il Collegio osserva che la disposizione del nuovo Codice è sostanzialmente sovrapponibile alle previsioni già contenute nell’art. 92, c. 5, del d.lgs. n. 163/2006 (che sono state oggetto di approfondita analisi nel corso della più volte citata deliberazione delle Sezioni riunite n. 33/2010 cui si rinvia), per cui anche in questo caso la copertura degli oneri riflessi e degli oneri fiscali gravanti sull’ente locale (tra cui l’Irap) non può non riflettersi sulle disponibilità delle risorse effettivamente ripartibili nei confronti dei dipendenti aventi titolo, riducendo “a monte” la quota da attribuire a costoro, la quale andrà calcolata al netto di tali somme.