Con la sentenza n. n. 33975 del 5 dicembre 2023, la Sezione Lavoro della Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: «Nella controversia in cui il dipendente contesti la legittimità dei provvedimenti adottati dalla Pa datore di lavoro sulla ripartizione o determinazione del fondo per il finanziamento della retribuzione di risultato, ai sensi della contrattazione collettiva di riferimento, la relativa posizione giuridica soggettiva va qualificata in termini di diritto soggettivo alla corretta liquidazione della retribuzione, di cui la retribuzione di risultato è parte, sicché il giudice ordinario può conoscere e sindacare tutti i vizi dell’atto, ivi comprese le figure sintomatiche di eccesso di potere, ai fini dell’eventuale disapplicazione del provvedimento per decidere sulla domanda avanzata dal lavoratore».
Rispetto al caso di specie non può quindi essere condivisa la tesi sostenuta dalla Corte d’Appello secondo cui la situazione giuridica azionata dal richiedente potrebbe assumere la consistenza del diritto soggettivo solo all’esito della rimozione da parte del giudice amministrativo degli atti di macro-organizzazione ritenuti illegittimi.
L’interpretazione qui adottata, afferma il Collegio, è peraltro pienamente in linea con la più recente giurisprudenza di questa Corte, che ha riconosciuto la giurisdizione del giudice ordinario in controversie promosse dai dipendenti per ottenere la condanna del datore di lavoro al pagamento delle differenze retributive in relazione alle quote residue di fondi contrattuali, in quanto si prospetta «la lesione del diritto soggettivo al pagamento di differenze sulla retribuzione, rispetto alla quale la illegittimità del mancato incremento dei fondi ad opera del datore, pur dedotta, costituisce una censura verificabile dal giudice in via incidentale» (Cass. Sez. U, 11/11/2022, n. 33365).