Con l’ordinanza n. 11130 del 28 aprile 2021 la Cassazione Civile Sez. 6 si è espressa su un aspetto rilevante del presupposto impositivo TARI in caso di non utilizzo di determinate aree o locali, che in sede di gestione ordinaria del tributo suscita spesso dubbi interpretativi, statuendo che il tributo è dovuto “ogni qualvolta ricorra il presupposto oggettivo dell’avvenuta istituzione del servizio di raccolta dei rifiuti, restando irrilevante il dato soggettivo della mancata utilizzazione da parte dell’utente. Essa è infatti fondata sui due presupposti impositivi del possesso di immobili, collegato alla loro natura e al loro valore, e dell’erogazione e fruizione di servizi comunali”.
Ne deriva che la TARI non è dovuta per il concreto utilizzo di un’area o locale e per il fatto di produrre rifiuti con il conseguente utilizzo in prima persona del servizio di smaltimento dei rifiuti, bensì per una fruizione potenziale del servizio desunta da indici meramente presuntivi, quali l’occupazione e detenzione di locali ed aree, in quanto “la ragione istitutiva del relativo prelievo sta nel porre le amministrazioni locali nelle condizioni di soddisfare interessi generali della collettività, piuttosto che nel fornire, secondo una logica commutativa, prestazioni riferibili a singoli utenti”.
Tale aspetto giustifica anche il fatto che in caso di omesso svolgimento, da parte del Comune, del servizio di raccolta – sebbene istituito ed attivato nella zona ove è ubicato l’immobile a disposizione dell’utente, quest’ultimo avrà diritto ad una riduzione del tributo dovuto e non ad una esenzione totale dalla tassa.
Nel caso in esame il ricorrente impugnava con ricorso un avviso di pagamento TARI per l’anno 2015, in prima battuta respinto dalla CTP di Roma e successivamente accolto dalla CTR del Lazio, in quanto riteneva di non produrre rifiuti urbani o assimilati nel proprio stabilimento utilizzato per l’attività di deposito e conservazione di documenti, allegando in sede di giudizio perizie giurate e relazione di un consulente tecnico d’ufficio.
La Corte ha cassato la sentenza della CTR precisando che i casi di esenzione dal pagamento del tributo sono circoscritti a quelle situazioni in cui non sia possibile nemmeno potenzialmente produrre rifiuti, in quando stando alla lettera della norma, art. 1, comma 641 della L. n. 147 del 2013 “Il presupposto della TARI è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. Sono escluse dalla TARI le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, non operative, e le aree comuni condominiali di cui all’articolo 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva”. Il legislatore ai commi successivi ha previsto riduzioni o esenzioni di natura agevolativa, subordinate alla presentazione di una domanda preventiva da parte del contribuente corredata della documentazione necessaria per giustificare i presupposti di fatto e di diritto per vincere la presunzione di produttività di rifiuti posta dal suindicato comma 641.
Nel caso di specie il mancato utilizzo dei locali da parte del contribuente, come è emerso nel corso del giudizio, era legato ad un dato meramente soggettivo irrilevante ai fini dell’applicazione del tributo, inoltre tale circostanza non era stata neppure comunicata preventivamente all’Ente per il tramite di una dichiarazione TARI corredata dalla documentazione necessaria, come normativamente previsto.