In occasione di Telefisco 2021, il MEF ha fornito chiarimenti in merito ad alcuni aspetti inerenti all’applicazione della nuova disciplina introdotta dal D. Lgs. 116/2020, con particolare riferimento alla tassazione delle attività industriali e al conferimento dei rifiuti a soggetti diversi dal servizio pubblico.
Come è noto, l’articolo 184 comma 3, lettera c), dispone che i rifiuti prodotti dalle attività industriali sono classificati come “speciali” se diversi da quelli di cui al comma 2 che qualifica come “urbani” i rifiuti differenziati e indifferenziati di cui all’allegato L-quater al D. Lgs. 152/2006 prodotti dalle attività di cui all’Allegato L-quinquies che esclude però le attività industriali.
Il MEF ha chiarito che, a tal proposito, deve essere richiamato l’articolo 183, comma 1, lettera b-sexies) il quale dispone che i rifiuti urbani non includono i rifiuti da produzione: dalla lettura combinata delle due norme emergerebbe quindi che le attività industriali possono essere produttive sia di rifiuti urbani che di rifiuti speciali.
Ai fini della tassazione TARI di tali attività occorre quindi individuare le superfici produttive di rifiuti speciali, ovvero quelle impiegate per la lavorazione industriale, che non costituiscono base imponibile e quelle produttive di rifiuti urbani, come mense, uffici, servizi e depositi o magazzini che non siano funzionalmente collegati all’attività produttiva di rifiuti speciali, che rimangono assoggettati al tributo. Il MEF ribadisce quindi la necessità di “spacchettare” le superfici, applicando a quelle con diversa destinazione d’uso le tariffe corrispondenti, come da noi suggerito e come riportato all’interno del Regolamento TARES prototipo fornito dallo stesso MEF.
Per quanto concerne invece le disposizioni di cui all’articolo 198 comma 2-bis e 238 comma 10 che prevedono che le utenze non domestiche possano conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani, per un periodo non inferiore a cinque anni, previa dimostrazione di averli avviati al recupero, beneficiando di una riduzione sulla quota variabile proporzionale alla quantità di rifiuti conferiti all’esterno, il MEF ha evidenziato la necessità di attualizzare alla nuova disciplina quanto disposto dall’articolo 1 comma 649 della Legge 147/2013, sostituendo il riferimento ai “rifiuti urbani assimilati”; a tal proposito il MEF ha inoltre affermato quanto segue:
“Se un’utenza non domestica intende sottrarsi al pagamento dell’intera quota variabile, deve avviare al recupero i propri rifiuti urbani per almeno cinque anni, come stabilito dal comma 10 dell’articolo 238 del TUA. Se, invece, l’utenza non domestica vuole restare nel solco della previsione del comma 649 dell’articolo 1 della legge 147 del 2013, tenendo conto di quanto disciplinato dal regolamento comunale, la stessa può usufruire di una riduzione della quota variabile del tributo proporzionale alla quantità di rifiuti urbani che dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati, senza sottostare al vincolo di cinque anni fissato dal predetto comma 10”.
Tuttavia, in quest’ottica le utenze che non avviano al recupero tutte la frazioni di rifiuti prodotte non avrebbero diritto alla esclusione della parte variabile di cui all’articolo 238 succitato perché non c’è stato recupero della totalità dei rifiuti prodotti; allo stesso modo non beneficerebbero nemmeno della riduzione TARI di cui al comma 649 citato, in quanto si tratterebbe di rifiuti non avviati al riciclo ma solo al recupero.