Con la recente ordinanza n. 26567 del 14 settembre 2023, la Sezione Lavoro della Cassazione è tornata a ribadire che, in tema di pubblico impiego privatizzato, trova applicazione, in caso di successione di contratti a tempo determinato, il limite di 36 mesi di durata complessiva di tali contratti di cui all’art. 5, comma 4 bis, d.lgs. n. 368 del 2001, decorso il quale la reiterazione è da considerarsi abusiva, a nulla rilevando che l’assunzione a termine sia avvenuta, di volta in volta, all’esito di distinti concorsi pubblici (Cass. 4 marzo 2021, n. 6089).
D’altra parte, affermano i Giudici, è agevole osservare che il criterio di selezione, in sé non interferisce con il fatto che vi sia stata reiterazione oltre i limiti del lecito della contrattazione a tempo determinato e dunque non impedisce il radicarsi dei presupposti per il relativo risarcimento, secondo la giurisprudenza costante di questa S.C., a partire, in particolare da Cass. S.U., 15 marzo 2016, n. 5072.
Si deve pertanto ritenere che, contrariamente a quanto affermato in passato dal Dipartimento della Funzione Pubblica (si v. ad esempio il parere prot. 3756 del 19/09/2012), il superamento di un nuovo concorso pubblico da parte del soggetto che ha già avuto un rapporto di lavoro a termine con l’amministrazione non consente affatto di azzerare la durata del contratto precedente ai fini del computo del limite massimo dei 36 mesi previsto dal d.lgs. 368/2001.