L’introduzione del Canone unico patrimoniale non è stata esente da difficoltà e problematiche, anche applicative, dovute in primo luogo alla mancata proroga della sua entrata in vigore, tanto auspicata quanto necessaria, e in secondo luogo ai vari aspetti di incertezza lasciati irrisolti da una disciplina normativa apparsa lacunosa e carente per portare ad una revisione complessiva e unificatrice delle entrate coinvolte di natura decisamente differente (occupazioni, occupazioni per i mercati, pubblicità, affissioni).
In ultimo, la decretazione d’urgenza ha previsto l’esclusione dal versamento del Canone per l’interno anno in corso ad una serie di operatori economici (quali ad es. venditori ambulanti, ristoratori, bar), estromettendo quindi una buona parte di utenti generalmente tenuti al versamento e quindi di fattispecie variegate sulle quali “testare” la nuova imposizione.
In simili circostanze appare evidente che il primo anno di applicazione del Canone Unico Patrimoniale, invece che costituire banco di prova della nuova entrata, ha finito per rappresentare una sorta di prosecuzione dei tributi e delle entrate in vigore fino al 2020. Molti Comuni, infatti, pur dotandosi di un nuovo regolamento, hanno di fatto fuso la precedente disciplina TOSAP/COSAP e ICP/CIMP con le nuove disposizioni previste dalla L. 160/2019.
Benché il modus operandi tenuto dagli Enti sia pienamente condivisibile alla luce della necessità di dotarsi di una disciplina dell’entrata anche in presenza di elementi di incertezza (si ricordi che la mancata approvazione di regolamento e tariffe rendeva impossibile riscuotere quanto dovuto per occupazioni, pubblicità e affissioni in applicazione della disciplina dei tributi soppressi), in previsione del prossimo esercizio potrebbe risultare opportuno che gli enti provvedano ad una revisione di quanto approvato in prima battuta al fine di correggere il tiro, soprattutto in merito ai criteri di determinazione delle tariffe. A parere di chi scrive infatti, sarebbe utile che i Comuni si dotino di un sistema tariffario basato sull’applicazione di coefficienti moltiplicatori alle tariffe standard individuate dal Legislatore, così da modulare queste ultime in considerazione degli elementi che la norma stessa rileva come determinanti (durata, superficie, tipologia, finalità, zona). In altre parole, è consigliabile introdurre un prospetto tariffario semplice, snello e chiaro, dove i moltiplicatori non siano solo il risultato di calcoli matematici (computati allo scopo di confermare le medesime tariffe degli anni scorsi) ma consentano ragionamenti finalizzati a commisurare il prelievo sui cittadini ad elementi effettivamente connessi alle motivazioni ed ai presupposti concreti. Oltre ad una evidente semplificazione del calcolo dell’importo dovuto (ostacolato fino al 2020 dalla sedimentazione di più riduzioni ed abbattimenti o maggiorazioni sull’unica tariffa prevista, in molti casi) la corretta metodologia di individuazione delle tariffe del Canone Unico Patrimoniale consentirà di ridurre le incertezze ed il potenziale contenzioso che, anche a seguito dell’introduzione della nuova disciplina normativa, potrebbe vedere un incremento per i Comuni che scegliessero di non adeguare il prelievo alle regole introdotte con la L. 160/2019.
Si pensi a questo esempio: occupazione temporanea di suolo pubblico a favore di un gestore di un bar, il quale può scegliere di posizionare direttamente sul suolo tavolini e sedie, oppure di installare una pedana o un gazebo. In questa seconda ipotesi, l’occupazione ha evidenti caratteri di stabilità rispetto alla prima e cambia quindi la tipologia dell’occupazione (ad es. al termine della giornata lavorativa, il dehors resterà certamente collocato sul suolo, mentre tavolini e sedie potrebbero anche essere ritirati all’interno dei locali del gestore). Sebbene entrambe le occupazioni possano rientrare nella fattispecie “occupazione ordinaria”, in una simile circostanza, sarebbe a nostro avviso consigliabile modulare la tariffa tenendo in considerazione le caratteristiche sopra descritte. Più concretamente, se ad esempio la tariffa ordinaria fosse € 1,20, in caso di occupazione di 15 giorni e di 10 mq, nel primo caso (solo tavolini e sedie) verrebbe applicato il coefficiente 1,00 e pertanto il Canone dovuto sarà: € 1,20 x coef. 1,00 x 10 mq x 15 giorni = € 180,00; nel secondo caso (dehors stabile) verrebbe invece applicato il coefficiente 1,30 e quindi il canone sarà: € 1,20 x coef. 1,30 x 10 mq x 15 giorni = € 234,00.
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