Permane l’obbligo per i dirigenti pubblici di fornire alle amministrazioni di appartenenza, con onere di aggiornamento annuale, le informazioni sulla propria situazione reddituale e patrimoniale.
Inoltre, in considerazione del contrasto alla corruzione nell’ambito della pubblica amministrazione, l’oggetto della dichiarazione del dirigente pubblico deve racchiudere anche i redditi percepiti da altre amministrazioni o da privati, posto che la conoscenza della provenienza dei redditi, e in specie di quelli provenienti da soggetti diversi dall’amministrazione presso il quale presta servizio il dirigente, è pienamente funzionale allo scopo suddetto.
Sono queste le conclusioni cui è giunto il Consiglio di Stato, Sez. V, con la recente sentenza n. 267 del 15 gennaio 2025.
Invero, come correttamente evidenziato dal primo giudice, la sentenza della Corte costituzionale n. 20 del 2019 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1-bis, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni), nella parte in cui prevedeva che le pubbliche amministrazioni dovessero pubblicare i dati di cui all’art. 14, comma 1, lettera f), dello stesso decreto legislativo «anche per tutti i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall’organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, anziché solo per i titolari degli incarichi dirigenziali previsti dall’art. 19, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche)».
La Corte, pertanto, non ha ritenuto illegittima la previsione dell’obbligo di comunicare la situazione patrimoniale del dirigente (anche se non sia stato nominato per uno degli incarichi di cui all’art. 19, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 165 del 2001), limitandosi a colpire l’imposizione dell’obbligo di pubblicazione indiscriminata dei dati reddituali e patrimoniali per tutti i titolari di incarichi dirigenziali, ritenuto non conforme al principio di ragionevolezza e di proporzionalità.
Mentre, con riguardo agli obblighi di comunicazione dei dati in questione mediante dichiarazioni personali dei dirigenti, da rinnovare annualmente (e quindi in tutti gli anni di servizio), la Corte ha espressamente valutato «l’obbligo di fornire alle amministrazioni di appartenenza, con onere di aggiornamento annuale, le informazioni sulla propria situazione reddituale e patrimoniale», già prevista prima del d.lgs. n. 97 del 2016 (art. 13, commi 1 e 3, del d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, contenente «Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165») come una possibile alternativa conforme a ragionevolezza e proporzionalità, ferme restando le scelte discrezionali, eventualmente di segno diverso, del legislatore (cfr. sentenza n. 20 del 2019, punto 5.3.1. del Considerato in diritto).
Pertanto, correttamente il primo giudice ha ritenuto (anche sulla scorta delle osservazioni formulate dalla Corte e sopra riferite) ancora vigente l’obbligo di comunicazione dei dati reddituali e patrimoniali quale si ricava dall’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 33 del 2013, in via del tutto autonoma dall’art. 14, comma 1-bis del medesimo decreto legislativo (dichiarato costituzionalmente illegittimo), e dall’articolo 13, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62 (richiamato dall’art. 1, comma 7, lett. a), del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, come convertito dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, il quale ha stabilito che resta fermo «per tutti i titolari di incarichi dirigenziali l’obbligo di comunicazione dei dati patrimoniali e reddituali» di cui al citato art. 13, comma 3, del codice di comportamento dei dipendenti pubblici).
Dichiarazione da presentare non solo all’atto della assunzione ma da rinnovare di anno in anno.