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Anche la sostituzione del personale cessato in corso d’anno soggiace ai nuovi limiti assunzionali

Si moltiplicano i pareri delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti in merito alla corretta applicazione della nuova disciplina limitativa delle assunzioni introdotta dall’art. 33, comma 2, del D.L. n. 34/2019 e dal relativo decreto attuativo del 17 marzo 2020 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 27 aprile 2020).

L’ultima deliberazione in ordine di tempo sull’argomento è la n. 93/2020/PAR della Sezione regionale di controllo della Lombardia, con la quale si chiarisce innanzitutto che, a far data dal 20 aprile 2020, tutti i nuovi spazi assunzionali riconosciuti al comune, inclusa la sostituzione del personale cessato nell’anno (per dimissioni volontarie, pensionamento o mobilità), sono strettamente legati alla regola della sostenibilità finanziaria della spesa, misurata attraverso i valori soglia definiti nella disciplina normativa di cui all’articolo 33, comma 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58.

A nulla rileva, infatti, secondo la Sezione, il fatto che la sostituzione di un dipendente cessato in corso d’anno non alteri né gli equilibri di bilancio (in quanto la spesa era già stata prevista per tutto l’anno) né il limite di spesa già accertato in sede di approvazione del bilancio stesso.

Invero, il Collegio ha ritenuto opportuno ribadire in proposito il principio, già enunciato nella precedente deliberazione n. 74/2020/PAR per cui, per le assunzioni da effettuare dall’entrata in vigore della nuova normativa, i nuovi spazi assunzionali sono legati alla regola della sostenibilità finanziaria della spesa misurata attraverso i valori soglia per come definiti nella disciplina normativa sopra richiamata.

La peculiarità del nuovo parametro è infatti da ricercarsi nella “flessibilità che in una situazione fisiologica (e dunque al netto di quella contingente, eccezionale e di emergenza) responsabilizza l’ente sul versante della riscossione delle entrate il cui gettito medio nel triennio potrà, se in aumento, offrire anche ulteriori spazi assunzionali” (Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna, deliberazione 32/2020/PAR), mentre per l’ente che presenta un valore soglia spesa di personale/media triennale delle entrate correnti, al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità, maggiore dei valori soglia di massima spesa, gli spazi assunzionali si ridurranno, anche rispetto alla programmazione delle assunzioni già effettuata antecedentemente, sulla base delle regole previgenti.

Ne deriva che, per le procedure effettuate dal 20 aprile 2020, i comuni non possono procedere alla sostituzione del personale cessato nell’anno (per dimissioni volontarie, 10 pensionamento o mobilità), a prescindere dai valori soglia e dalle percentuali assunzionali stabilite dal decreto-legge n. 34 del 2019 e dalla normativa di attuazione contenuta nel decreto 17 marzo 2020 della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica.

Con la medesima deliberazione i Giudici contabili hanno poi altresì chiarito che nell’ambito delle entrate correnti rilevanti per la definizione dei suddetti limiti assunzionali si possono computare anche i contributi di parte corrente percepiti dai comuni ai sensi della legge 8 novembre 2000, n. 328 (legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali).

Come opportunamente rammentato dalla Sezione, infatti, occorre a tal fine fare riferimento alla definizione di entrate correnti contenuta nell’articolo 33 del citato decreto-legge n. 34 del 2019 e nella relativa normativa di attuazione.

In particolare, il comma 2 dell’articolo 33 del decreto-legge n. 34 del 2019, ai fini della determinazione dei valori soglia rilevanti per le procedure assunzionali dei comuni, fa riferimento “alla media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto del fondo crediti dubbia esigibilità stanziato in bilancio di previsione”. In coerenza con il citato articolo 33, l’articolo 2, comma 1, lett. b), del decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, 17 marzo 2020, definisce le entrate correnti come “la media degli accertamenti di competenza riferiti alle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità stanziato nel bilancio di previsione relativo all’ultima annualità considerata”.

Ne consegue che, a fronte di tale disposto normativo, che non opera alcuna distinzione con riferimento alla tipologia di entrate correnti, non vi è ragione per escludere, dalle entrate correnti rilevanti per la definizione dei limiti assunzionali, i contributi di parte corrente percepiti dai comuni ai sensi della legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.