Con l’ordinanza n. 13354/2020 la Cassazione ha confermato un suo precedente orientamento (Cass. n. 4221/2019; Cass. n. 13779/2019; Cass. n. 12741/2018) secondo il quale ciò che rileva ai fini dell’accatastamento di un immobile è la destinazione ad attività economiche dello stesso e non la natura pubblicistica dell’attività ivi svolta.
Il caso: veniva contestato un avviso di accertamento emesso da Agenzia delle Entrate, avente ad oggetto una discarica di rifiuti solidi urbani non pericolosi nel quale veniva rettificata la rendita e modificata la categoria catastale attribuita (accatastamento in categoria D/7 in luogo della categoria E indicata dal contribuente).
La Suprema Corte conferma quanto deciso dai giudici di secondo grado, secondo i quali la categoria catastale E deve essere riservata solo agli immobili non destinati ad attività commerciali e quindi non adatta ad una discarica in quanto produttiva di reddito.
Richiamando la costante giurisprudenza in materia di ICI e l’art. 2 co. 40 del D.L. n. 262/2006, la Cassazione, al fine di confermare la categoria catastale E, precisa come sia necessario che il fabbricato presenti caratteristiche tipologico-funzionali tali da renderlo estraneo ad ogni uso commerciale o industriale, essendo quindi improduttivi di reddito proprio ed irrilevante l’interesse pubblico dell’attività cui è destinato (Cass. n. 29381/2019 e n. 23067/2019). La categoria catastale E è da ritenersi quindi residuale e concernente solo gli immobili a particolare destinazione pubblica, mentre è corretto l’accatastamento in D/7 per una discarica pubblica oggetto di sfruttamento economico per la gestione di rifiuti solidi urbani perchè connotata da autonomia funzionale e reddituale nella quale viene svolta attività industriale secondo parametri economico-imprenditoriali.
La controversia, sebbene non coinvolga direttamente un Comune, è comunque di particolare interesse se si considera che la procedura di accatastamento può essere promossa dal Comune stesso e avviata d’ufficio dall’Agenzia delle Entrate. Deve infatti essere ricordato quanto stabilito all’art. 1 co. 336 L. n. 311/2004 il quale prevede che il Comune, constatata la presenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, notifichi al soggetto interessato una richiesta di aggiornamento del catasto, da effettuarsi entro il termine di 90 giorni. La richiesta è comunicata anche all’Agenzia delle Entrate la quale, trascorso inutilmente questo termine, procederà d’ufficio all’aggiornamento in base alle informazioni indicate dal Comune. Sarà pertanto opportuno che il Comune ponga attenzione ai dati indicati nella richiesta, sia riguardo la categoria catastale proposta, sia rispetto alla data cui far risalire l’accatastamento, così che possa essere confermata una situazione idonea ad avviare procedure di recupero dei tributi locali non versati in annualità pregresse.