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Ai dirigenti “a contratto” spetta lo stesso trattamento retributivo dei dirigenti di ruolo

È discriminatorio riconoscere ai dirigenti “a contratto” un trattamento retributivo inferiore a quello corrisposto ai dirigenti di ruolo di pari inquadramento che svolgono le medesime funzioni.

È quanto affermato dalla Sezione Lavoro della Cassazione nella recente ordinanza n. 27508 del 23 ottobre 2024.

Per essere legittima, la diversità di trattamento deve essere, infatti, «giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti che contraddistinguono la condizione di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s’inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda ad una reale necessità, sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria. Tali elementi possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato, dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro» (così Corte di Giustizia 5 giugno 2018, Montero Mateos, punto 56, con richiamo a Corte di Giustizia 13 settembre 2007, Del Cerro Alonso, punto 53, Corte di Giustizia 14 settembre 2016, de Diego Porras, punto 45 e Corte di Giustizia 22 marzo 2018, Centeno Meléndez, punto 65)». La regola di diritto eurounitaria è riassumibile nel senso che la disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato ed a tempo indeterminato non è consentita, a meno che la specificità delle funzioni la giustifichi (sicché viene a mancare nel dettaglio l’elemento della c.d. “comparabilità), oppure se a fondamento vi sia una “legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro” (Cass., Sez. L, n. 29455/2020). In definitiva, le “ragioni oggettive”, atte a giustificare una diversità di trattamento, possono essere integrate (per tutte, Cass. n. 705/2021) solo da elementi precisi e concreti di differenziazione che contraddistinguano le modalità di lavoro e che attengano alla natura ed alle caratteristiche delle mansioni espletate (Regojo Dans, cit., punto 55 e con riferimento ai rapporti non di ruolo degli enti pubblici italiani Corte di Giustizia 18.10.2012, cause C302/11 e C305/11, Corte di Valenza; 7.3.2013, causa C393/11, Bertazzi).

Non possono quindi assumere alcuna rilevanza a tal fine elementi non dirimenti (perché del tutto estranei alla natura e alle caratteristiche delle mansioni espletate) quali le modalità di reclutamento (per concorso o per chiamata diretta), la diversa «esperienza professionale» di provenienza dei dirigenti a termine, le concrete modalità di assunzione dell’incarico dirigenziale o l’esigenza (predicabile solo per i dirigenti di ruolo) di uniformare il trattamento economico al principio di onnicomprensività della retribuzione.