La Corte Costituzionale, con sentenza n. 209, depositata in data 13 ottobre, dichiara illegittimo l’art. 13, co. 2, quarto periodo D.L. n. 201/2011 “nella parte in cui stabilisce: «[p]er abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente», anziché disporre: «[p]er abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente»”. Secondo la Corte, il riferimento al “nucleo familiare” del soggetto passivo viola i principi posti dagli articoli 3, 31 e 53 della Costituzione per i seguenti motivi.
In primo luogo, la Consulta evidenzia come all’interno del nostro ordinamento, non possano esistere misure fiscali “strutturate in modo da penalizzare coloro che, così formalizzando il proprio rapporto, decidono di unirsi in matrimonio o di costituire una unione civile”. L’art. 13 co. 2 D.L. 201/2011, riferendosi al “nucleo familiare” consente a ciascun possessore di immobile ad uso abitativo, che ivi abbia residenza e dimora abituale, di fruire pacificamente dell’esenzione IMU per l’abitazione principale anche se unito in una convivenza di fatto, ma tale beneficio decade nel momento in cui sceglie di formalizzare il proprio rapporto affettivo. Si legge infatti nella pronuncia: “[…] la scelta di accettare che il proprio rapporto affettivo sia regolato dalla disciplina legale del matrimonio o dell’unione civile determina, invece, l’effetto di precludere la possibilità di mantenere la doppia esenzione anche quando effettive esigenze, come possono essere in particolare quelle lavorative, impongano la scelta di residenze anagrafiche e dimore abituali differenti”.
In secondo luogo, viene posta attenzione ai cambiamenti sociali e all’attuale contesto caratterizzato dall’aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall’evoluzione dei costumi, dove è sempre meno rara l’ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente. Pertanto “ai fini del riconoscimento dell’esenzione dell’abitazione principale, non ritenere sufficiente la residenza e – si noti bene – la dimora abituale in un determinato immobile (cioè un dato accertabile attraverso i dovuti controlli) determina una evidente discriminazione rispetto a chi, in quanto singolo o convivente di fatto, si vede riconosciuto il suddetto beneficio al semplice sussistere del doppio contestuale requisito della residenza e della dimora abituale nell’immobile di cui sia possessore”.
La Corte non riconosce dunque un “ragionevole motivo per discriminare tali situazioni”, prevedendo di fatto che l’esenzione IMU sulla abitazione principale debba competere sempre al possessore che vi risieda e vi dimori abitualmente, indipendentemente dal luogo di residenza e dimora del suo nucleo familiare. Precisa tuttavia che le dichiarazioni di illegittimità costituzionale non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le cosiddette “seconde case” delle coppie unite in matrimonio o in unione civile ne possano usufruire: “Ove queste abbiano la stessa dimora abituale (e quindi principale) l’esenzione spetta una sola volta”.
Alla luce di ciò, per via consequenziale, l’illegittimità costituzionale viene estesa anche all’art. 1 comma 741, lettera b) L. 160/2019, come modificato dall’art. 5-decies del D.L. 146/2021, secondo il quale, “nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile scelto dai componenti del nucleo familiare”.
In conclusione quindi, sia nell’ambito della precedente normativa che nello scenario attuale, ciò che deve essere verificato, oltre alla residenza anagrafica del soggetto passivo, è la sua dimora abituale, con la conseguenza che solo se effettiva da parte di entrambi i coniugi l’esenzione sarà applicabile ad entrambi gli immobili.
A breve, l’Approfondimento n. 9 pubblicato il 29 settembre scorso verrà aggiornato alla luce della sentenza qui commentata.
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