La Giurisprudenza di legittimità continua a confermare il suo discutibile orientamento secondo il quale non è possibile riconoscere l’esenzione IMU a favore dei coniugi, non legalmente separati, che hanno stabilito la loro residenza in Comuni diversi.
Nell’ordinanza 1199 del 17/01/2021, rinviando ad altre pronunce (Ord. 17408/2021; Ord. 21873/2020; Ord. 4166/2020) la Cassazione ribadisce che l’esenzione prevista per la casa principale richiede non soltanto che il possessore e il suo nucleo familiare dimorino stabilmente in tale immobile, ma altresì che vi risiedano anagraficamente. Tenuto conto che l’art. 13 co. 2 D.L. 201/2011 fa espresso richiamo solo all’ipotesi di residenze diverse dei coniugi ma nello stesso Comune, deve essere evidenziato che la norma non prevede esplicitamente il caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili non solo diversi, ma anche situati in differenti comuni. Ne discende che, “nel caso in cui due coniugi non separati legalmente abbiano la propria abitazione in due differenti immobili, il nucleo familiare (inteso come unità distinta ed automa rispetto ai suoi singoli componenti) resta unico, ed unica, pertanto, potrà essere anche l’abitazione principale ad esso riferibile, con la conseguenza che il contribuente, il quale dimori in un immobile di cui sia proprietario (o titolare di altro diritto reale), non avrà alcun diritto all’agevolazione se tale immobile non costituisca anche dimora abituale dei suoi familiari”. In altre parole “La nozione di abitazione principale postula, pertanto, l’unicità dell’immobile e richiede la stabile dimora del possessore e del suo nucleo familiare, sicché non possono coesistere due abitazioni principali riferite a ciascun coniuge sia nell’ambito dello stesso Comune o di Comuni diversi”.
Tale orientamento pare discutibile dal momento che pone una evidente disparità per situazioni particolari di famiglie che potrebbero necessitare di scindere il proprio nucleo familiare ad esempio per esigenze lavorative. Pare francamente eccessivo che non sia nemmeno possibile il riconoscimento di una agevolazione su un unico immobile, quantomeno per il proprietario dell’abitazione che resta a convivere con i figli in un’abitazione che l’altro coniuge potrebbe lasciare per evidenti problemi connessi a particolari situazioni, in primis quella lavorativa.
Precisa infine la Suprema Corte che “la Circolare Ministeriale 3/ DF del 2012 – secondo cui «Il legislatore non ha, però, stabilito la medesima limitazione nel caso in cui gli immobili destinati ad abitazione principale siano ubicati in comuni diversi, poiché in tale ipotesi il rischio di elusione della norma è bilanciato da effettive necessità di dover trasferire la residenza anagrafica e la dimora abituale in un altro comune, ad esempio, per esigenze lavorative.» – in materia tributaria non costituisce fonte di diritti ed obblighi, non discendendo da essa alcun vincolo neanche per la stessa Amministrazione finanziaria”.
Giova notare che la pronuncia in commento, così come le precedenti ordinanze in essa citate, fa riferimento alla disciplina in materia di IMU precedente all’entrata in vigore della L. 160/2019. Con l’entrata in vigore, dal 1° gennaio 2022, del novellato art. 1 co. 741 L. 160/2019, è plausibile che la Suprema Corte si conformerà al criterio posto dal Legislatore, riconoscendo quindi l’esenzione per abitazione principale almeno ad una delle due abitazioni possedute dai coniugi. L’applicazione del nuovo comma 741 non sarà tuttavia esente da difficoltà da parte dei Comuni.
Per dettagli ulteriori, si rimanda al nostro Approfondimento n. 1 Decreto fiscale e Legge di bilancio 2022: le disposizioni in materia tributaria.