Nell’ambito delle società a controllo pubblico, la scelta di optare per un consiglio di amministrazione in luogo di un amministratore unico non può essere giustificata solo da una considerazione generica circa la complessità della struttura aziendale da gestire. È quanto ricorda la Corte dei conti – Sezione regionale di controllo per l’Emilia Romagna nella deliberazione n. 56/2025/VSG, adottata in relazione alle verifiche condotte sulle decisioni assembleari riguardanti una partecipata pubblica.
Laddove a monte della scelta di ricorrere ad un organo collegiale anziché monocratico ci fossero questioni correlate alla rappresentanza di un territorio vasto entro cui la società opera, vanno esplicitate le caratteristiche “differenziali” dei territori e delle Comunità verso le quali il servizio viene reso. Secondo la deliberazione in oggetto, tale analisi e le conseguenti determinazioni avranno un valore programmatico e pertanto potrebbero giustificare l’adozione di un modello di amministrazione collegiale piuttosto che monocratico. In questo quadro, sarà poi l’Assemblea in base alle reali circostanze di spazio, tempo e compatibilità finanziaria – motivando adeguatamente – a scegliere il concreto modello di amministrazione. Solo così saranno soddisfatte le ragioni di trasparenza e di adeguatezza in un quadro di sostenibilità finanziaria che giustificano la rimeditazione delle regole di gestione.
I magistrati contabili ricordano che il c. 2 dell’art. 11 del D. Lgs. 175/2016 “esprime un favor verso un organo amministrativo monocratico (amministratore unico) superabile a favore di un organo collegiale “composto da tre o cinque membri” allorquando si riscontrino specifiche necessità organizzative e tenendo conto delle esigenze di contenimento dei costi. Pertanto, coerentemente con quanto espresso appena sopra, tali aspetti devono trovare espliciti riferimenti anche nella motivazione della deliberazione che a sua volta deve trovare riscontro nelle previsioni generali dello Statuto”.