Come noto, costituisce un approdo giurisprudenziale ormai pacifico quello che riconosce il diritto al pagamento dello straordinario ai pubblici impiegati anche in mancanza di una autorizzazione formale da parte del datore di lavoro o di uno o più atti separati che ne disciplinino nel dettaglio l’esecuzione ed il compenso. In simili casi, ha infatti precisato la Cassazione, per autorizzazione si intende il fatto che le prestazioni siano state svolte non “insciente o prohibente domino”, ma con il suo consenso, che può anche essere implicito e giustifica il pagamento del lavoro straordinario (Cass., Sez. L, n. 17912 del 28 giugno 2024).
Con la recente ordinanza n. 4984 del 26 febbraio 2025, la Sezione Lavoro della Cassazione ha però ulteriormente precisato che il diritto al compenso in questione non può essere condizionato dall’assenza di riscontri documentali comprovanti l’effettiva presenza in servizio del dipendente, ben potendo la prova del lavoro straordinario svolto essere data a mezzo testi.
La Suprema Corte ha in particolare enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di pubblico impiego contrattualizzato, il dipendente ha diritto al pagamento della prestazione per lavoro straordinario, ove sia resa con il consenso, anche implicito, del datore di lavoro o di chi abbia il potere di conformarla e, comunque, non insciente o prohibente domino o in modo coerente con la volontà del soggetto preposto, ben potendo l’esecuzione di detta prestazione essere dimostrata anche tramite testi, a prescindere da quanto previsto dall’art. 3, comma 83, della legge n. 244 del 2007, in base al quale le pubbliche amministrazioni non possono erogare compensi per lavoro straordinario se non previa attivazione dei sistemi di rilevazione automatica delle presenze“.