La prima istituzione della qualifica dirigenziale presso un Comune può avvenire soltanto nel rispetto dei limiti di spesa previsti dalla normativa vigente.
È quanto affermato dalla Sezione regionale di controllo delle Corte dei conti del Veneto nella recente deliberazione n. 24/2025/PAR.
Per quanto concerne in particolare il tetto del salario accessorio di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75/2017, la Sezione ricorda che per interpretazione orami consolidata quest’ultimo “deve essere considerato come complessivo: esso cioè non ha effetti distinti sui singoli fondi per la contrattazione decentrata ma sul complesso delle risorse destinate a tale scopo e quindi sia sul fondo per la contrattazione decentrata del personale che sul fondo per il trattamento accessorio dei dirigenti (come si desume da Corte di conti, Sezioni riunite, n. 6/2018 e Sez. Lombardia, n. 95/2020)”.
Per cui, pur potendo certamente trovare applicazione nel caso di specie la previsione di cui all’art. 57, comma 5, del CCNL del 17 dicembre 2020 (secondo cui “gli enti di nuova istituzione o che istituiscano per la prima volta la qualifica dirigenziale valutano, anche basandosi su valori di riferimento tratti da medie retributive relative ad altri enti, l’entità delle risorse necessarie per la prima costituzione del fondo e ne individuano la relativa copertura nell’ambito delle capacità del bilancio, nel rispetto dei limiti finanziari previsti dalle vigenti disposizioni di legge”), si deve tuttavia osservare che la valutazione prevista da tale norma contrattuale, circa “l’entità delle risorse necessarie per la prima costituzione del fondo” e l’individuazione della “relativa copertura nell’ambito delle capacità del bilancio”, anche sulla base di “valori di riferimento tratti da medie retributive relative ad altri enti”, deve tener conto dei “limiti finanziari previsti dalle vigenti disposizioni di legge”, tra i quali può iscriversi il citato limite di cui all’art. 23, comma, 2, il cui rispetto, nel caso di prima istituzione delle posizioni dirigenziali, può essere assicurato, ove necessario ai fini del rispetto del limite, mediante economie compensative a valere sul fondo per il trattamento accessorio del personale.
In altri termini, in sede di riorganizzazione della struttura amministrativa dell’Ente con oneri incidenti sulle risorse del bilancio, è consentito incrementare le risorse di una categoria di personale fino alla concorrenza del limite complessivo alla retribuzione accessoria solo in presenza di una corrispondente diminuzione di quelle disposte per una diversa categoria.
Per quanto riguarda invece il più generale limite di spesa imposto dall’art. 1, comma 557, della legge n. 296/2006, i Giudici rammentano che sulla particolare fattispecie in esame (concernente la prima istituzione di posizioni dirigenziali) si è già espressa in precedenza la Sezione regionale di controllo per la Lombardia, affermando che “nella fase di programmazione dei fabbisogni assunzionali secondo i nuovi parametri introdotti dalla riforma del 2019, l’ente sarà […] tenuto ad adottare, nell’esercizio della propria autonomia, tutte quelle azioni strumentalmente volte ad assicurare il contenimento della spesa di personale entro i limiti recati dalle disposizioni di cui agli artt. 557 e seguenti, della legge n. 296/2006” (cfr. Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 176/2023; in terminis, Sezione regionale di controllo per il Veneto, deliberazione n. 81/2023).
La medesima Sezione, con deliberazione n. 253/2024, ha affermato, con riferimento al limite di cui ai citati commi della l. n. 296/2006, che l’obbligo di contenimento della spesa di personale “permane, a carico degli enti territoriali (…) secondo il parametro individuato dal comma 557-quater, da intendere in senso statico, con riferimento al triennio 2011-2013” (Sezione delle autonomie n. 16/2016/QMIG), non essendo ammissibile “che la sterilizzazione degli effetti della stessa, ai fini del rispetto dei vincoli di finanza pubblica, possa essere ricavata in via interpretativa dal sistema” (cfr. Sezione Lombardia n. 97/2016/QMIG).
Da ultimo, si rileva che, circa il rapporto tra l’art. 1, commi 557 e ss. della l. n. 296/2006 e l’art. 33 del d.l. n. 34/2019, concernente i limiti alla spesa autorizzabile per nuove assunzioni (nonché l’art. 3, co. 5, del d.l. n. 90/2014, in tema di turn over), è intervenuta la Sezione delle autonomie, con deliberazione n. 19/SEZAUT/2024/QMIG, nella quale si specifica che “le norme limitative della spesa per nuove assunzioni a tempo indeterminato (art. 33, d.l. n. 34/2019 e art. 3, co. 5, del d.l. n. 90/2014) presuppongono a monte la sussistenza di una “capacità assunzionale” dell’ente medesimo. Ciò significa che l’ente, prima di applicare il limite alla spesa per assunzioni a tempo indeterminato, deve verificare di avere la capacità finanziaria per maggiore spesa di personale a qualsiasi titolo. Deve, cioè, verificare di avere la “capacità assunzionale” ai sensi dell’art. 1, comma 557 e ss. della l. n. 296/2006, sulla base di una soglia peculiare, costruita dal legislatore senza tenere contro dei vari fattori di evoluzione della spesa nel tempo. La disposizione, infatti, non si basa sul calcolo di una percentuale progressiva e/o sul riscontro della sostenibilità, ma su un raffronto secco tra due valori di spesa di personale assai lontani nel tempo: da un lato, il valore della spesa nell’ultimo bilancio, dall’altro quello registrato in una data storica indicata direttamente dalla legge (per i comuni di minori dimensioni, ai sensi del comma 562, spesa del 2008; per i comuni di maggiori dimensioni, “soggetti al patto di stabilità”, ai sensi del comma 557-quater, quella media del triennio 2011-2013)”.