È illegittima (e quindi nulla) la clausola contenuta nel bando di concorso che consente all’amministrazione che lo ha emanato di non procedere all’assunzione del vincitore.
È quanto stabilito dalla Sezione Lavoro della Cassazione nell’ordinanza n. 28330 del 4 novembre 2024.
Tali clausole, infatti, si tradurrebbero nella possibilità per l’Amministrazione di operare – mediante un mero diniego all’assunzione o addirittura con una condotta esclusivamente omissiva – una revoca sostanziale del bando di concorso, con i contenuti sostanziali di un contrarius actus, ma senza il rispetto dei necessari requisiti formali, nonché di esercitare ulteriormente una forma sostanziale di autotutela in una situazione di carenza di potere, essendo ormai insorta, dopo l’approvazione della graduatoria, una vera e propria obbligazione di procedere all’assunzione del vincitore del concorso, salve le ipotesi in cui tutti gli esiti del concorso siano travolti da un rituale esercizio del potere di autotutela o per effetto comunque di una rituale declaratoria di illegittimità della procedura nonché le ipotesi in cui l’omessa o ritardata assunzione sia giustificata da obiettivi fattori ostativi all’adempimento dell’obbligazione, come è avvenuto in alcuni casi oggetto di pronunce di questa Corte.
Evidente, allora, che in questo quadro risulta destituita di fondamento anche la tesi – sostenuta nella decisione impugnata – della tacita accettazione della clausola da parte del singolo candidato nel momento in cui venga a partecipare al concorso, atteso che tale ipotetica accettazione non varrebbe in ogni caso a consolidare l’esercizio illegittimo di una facoltà riconosciuta da una clausola da ritenersi affetta da nullità.
Si deve, in conclusione, ritenere che il diniego o ritardo dell’Amministrazione nel procedere all’assunzione del vincitore di una procedura concorsuale non possa trovare legittima giustificazione nella presenza, all’interno del bando, di una “clausola di riserva” che consenta alla stessa Amministrazione di non procedere comunque all’assunzione, dovendosi ritenere tale clausola nulla, in quanto tale da integrare una mera facoltà discrezionale di annullare o revocare il bando, tale da integrare un contrarius actus illegittimo – e come tale passibile di disapplicazione da parte del giudice ordinario – in quanto privo dei requisiti di forma ed integrante una forma di autotutela esercitata in carenza di potere, in virtù dell’insorgere del diritto del vincitore del concorso ad essere assunto, ormai regolato dal disposto di cui all’art. 1218 c.c.