Non è incostituzionale la temporanea esclusione, sino al 31 dicembre 2024, della responsabilità amministrativa per colpa grave dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della corte dei conti, introdotta dal legislatore per le sole condotte commissive. Il regime ordinario invece non potrà limitare al solo dolo la responsabilità amministrativa, per la quale, tuttavia, la corte auspica una complessiva riforma.
È quanto deciso dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 132, depositata oggi, con cui sono state dichiarate in parte inammissibili e per la restante parte non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 21, comma 2, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale), convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120, sollevate dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Campania.
La disposizione censurata, per come prorogata, prevede, sino al 31 dicembre 2024, per le condotte commissive degli agenti pubblici una temporanea limitazione della responsabilità amministrativa alle sole ipotesi dolose.
La Corte dei conti lamentava, in primo luogo, la violazione degli artt. 3 e 97 Cost., perché tale limitazione della responsabilità si tradurrebbe in un non consentito allontanamento dal principio generale dell’imputabilità a titolo di dolo o colpa grave.
Nel respingere la questione, la Corte costituzionale ha rammentato che la disciplina della responsabilità amministrativa va inquadrata nella logica della ripartizione del rischio dell’attività tra l’apparato e l’agente pubblico, al fine di trovare un giusto punto di equilibrio.
Per individuare quest’ultimo, il legislatore, nell’esercizio della discrezionalità ad esso spettante, deve tenere conto di due esigenze fondamentali: da un lato, quella di tenere ferma la funzione deterrente della responsabilità, al fine di scoraggiare i comportamenti dei funzionari che pregiudichino il buon andamento della pubblica amministrazione e gli interessi degli amministrati; dall’altro, quella di evitare che il rischio dell’attività amministrativa sia percepito dall’agente pubblico come talmente elevato da fungere da disincentivo all’azione, pregiudicando, anche in questo caso, il buon andamento.
Nella ricerca di tale punto di equilibrio, non può prescindersi dalla stretta correlazione che esiste tra il sistema della responsabilità amministrativa e il vigente modello di amministrazione.
Ciò premesso in generale, la Corte costituzionale ha chiarito che, a regime, non è immaginabile una disciplina normativa che limiti la responsabilità amministrativa alla sola ipotesi del dolo, con esclusione della colpa grave, perché in tal modo i comportamenti macroscopicamente negligenti non sarebbero scoraggiati e, pertanto, la funzione deterrente della responsabilità amministrativa ne sarebbe irrimediabilmente indebolita.
Tuttavia, una siffatta limitazione non potrebbe ritenersi irragionevole ove riguardi esclusivamente un numero circoscritto di agenti pubblici o specifiche attività amministrative, allorché esse presentino, per le loro caratteristiche intrinseche, un grado di rischio di danno talmente elevato da scoraggiare sistematicamente l’azione amministrativa.
Nemmeno – ed è questo il caso di specie – tale limitazione può considerarsi irragionevole ove si radichi nella particolarità di uno specifico contesto e sia volta ad assicurare la maggiore efficacia dell’attività amministrativa e, attraverso essa, la tutela di interessi di rilievo costituzionale, ed abbia carattere provvisorio.
La disposizione censurata, infatti, si giustificava in relazione al peculiarissimo contesto economico e sociale in cui l’emergenza pandemica da COVID-19 aveva determinato la prolungata chiusura delle attività produttive, con danni enormi per l’economia nazionale e ovvie ricadute negative sulla stessa coesione sociale e la tutela dei diritti e di interessi vitali per la società. Per superare la grave crisi e rimettere in movimento il motore dell’economia, il legislatore, non irragionevolmente, ha ritenuto indispensabile che l’amministrazione pubblica operasse senza remore e non fosse, al contrario, a causa della sua inerzia, un fattore di ostacolo alla ripresa economica.
Le successive proroghe, invece, sono connesse all’inderogabile esigenza di garantire l’attuazione del PNRR e la conseguente ripresa di un sentiero di crescita economica sostenibile, oltre che il superamento di alcuni divari economici, sociali e di genere. La Corte costituzionale ha affermato che, nel valutare la proporzionalità dell’intervento legislativo, non può prescindersi dal rilievo che la disposizione censurata origina da un contesto eccezionale, ha natura temporanea ed ha comunque un oggetto delimitato, riguardando solo le condotte commissive e non quelle “inerti” ed “omissive”.
Da ultimo, la Corte costituzionale, in vista dell’imminente scadenza temporale dell’ultima proroga della disposizione censurata, ha inteso sollecitare il legislatore al varo di una complessiva riforma della responsabilità amministrativa, al fine di ristabilire una coerenza tra la sua disciplina e le strutturali trasformazioni del modello di amministrazione e del contesto istituzionale, giuridico e sociale in cui essa opera.