Con la recente ordinanza n. 13491 del 15 maggio 2024, la Sezione Lavoro della Cassazione ha evidenziato che l’inadempimento dell’obbligo, previsto dal contratto collettivo, di comunicare al lavoratore l’imminente scadenza del periodo di comporto determina l’illegittimità del licenziamento.
La Sezione ha infatti ricordato come questa Corte, esaminando ipotesi di licenziamenti intimati (per il perdurare delle assenze per malattia od infortunio del lavoratore) dopo il superamento del periodo massimo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva, ha affermato che, in assenza di qualsiasi obbligo previsto dalla contrattazione collettiva, il datore di lavoro non ha l’onere di avvertire preventivamente il lavoratore della imminente scadenza del periodo di comporto per malattia al fine di permettergli di esercita re eventualmente la facoltà di chiedere tempestivamente un periodo di aspettativa (come previsto dal contratto collettivo stesso); invero, non rileva, in tali casi, la mancata conoscenza, da parte del lavoratore, del limite c.d. esterno del comporto e della durata complessiva delle malattie e non costituisce violazione da parte del datore di lavoro dei principi di correttezza e buona fede nella esecuzione del contratto la mancata comunicazione al lavoratore dell’approssimarsi del superamento del periodo di comporto, posto che tali principi operano come norme di relazione con funzione di fonti integrative del contratto (art. 1374 cod. civ.) ove ineriscano a comportamenti dovuti in relazione ad obblighi di prestazione imposti al datore di lavoro dal contratto collettivo o da altro atto di autonomia privata (cfr. Cass. n. 14891 del 2006; Cass. n. 12563 del 2014; Cass, n. 3645 del 2016; Cass. n. 20761 del 2018).
Il caso all’esame della Sezione presenta, tuttavia, profili di originalità (rispetto alla giurisprudenza innanzi citata) in quanto il CCNL applicato in azienda prevede espressamente l’obbligo del datore di lavoro di preavvertire il lavoratore che il periodo di assenza (per malattia o infortunio) si sta approssimando all’arco temporale massimo previsto dalle parti sociali per la conservazione del rapporto di lavoro: in particolare, l’art. 46, lett. B) del CCNL Fise-Assoambiente del 5.6.2017 prevede che “1. Nei casi di assenza dal servizio per eventi morbosi, debitamente certificata, il lavoratore non in prova, ha diritto alla conservazione del posto per un complessivo periodo di comporto di 510 giorni calendariali, comprensivo dei giorni di assenza per ricovero ospedaliero o day hospital”. Aggiunge, inoltre, per quel che rileva, che: “6. Al raggiungimento di almeno 400 giorni calendariali complessivi di comporto, l’azienda ne dà comunicazione ai dipendenti interessati in occasione della consegna/trasmissione della prima busta paga utile”. In questa ipotesi, dunque, il contratto collettivo arricchisce la garanzia di conservazione del rapporto di lavoro prevista dall’art. 2110 cod. civ. imponendo, oltre alla tolleranza di un determinato periodo di tempo (510 giorni), anche la comunicazione preventiva (da effettuarsi prima che decorra ancora un significativo lasso temporale, ossia 110 giorni) al lavoratore.
Il rinvio dell’art. 2110 cod. civ. alle previsioni del contratto collettivo consente quindi di ritenere che l’obbligo di comunicare l’approssimarsi della scadenza del periodo di comporto, conformi, al pari dell’arco temporale massimo di comporto, l’esercizio del potere di recesso del datore di lavoro, che può, pertanto, risolvere legittimamente il rapporto di lavoro nel rispetto delle condizioni dettate dalle parti sociali.
Ora, è vero che l’ordinanza in esame riguarda il caso del licenziamento intimato da un’azienda privata, ma è altrettanto vero che il principio espresso dalla Corte sembra applicabile anche agli enti del comparto Funzioni Locali, il cui CCNL impone alle singole amministrazioni di provvedere, almeno 60 gg prima della scadenza del periodo di comporto, a darne comunicazione al singolo dipendente, informando lo stesso che qualora intenda avvalersi della possibilità di assentarsi per un ulteriore periodo di 18 mesi, sia pure non retribuito, deve farne formale richiesta (art. 48, comma 2, del CCNL sottoscritto in data 16.11.2022).