Non si ravvisano cause di incompatibilità o di inconferibilità (ai sensi del d.lgs. n. 39/2013) nei confronti di un dirigente comunale che ha presentato domanda per la partecipazione alla procedura di selezione indetta da una società controllata dal comune stesso per l’assunzione della figura professionale di Direttore Generale.
È quanto ha stabilito l’Autorità Nazionale Anticorruzione con Atto del Presidente del 16 aprile 2024.
L’Anac rileva infatti che l’unica ipotesi di incompatibilità che astrattamente potrebbe venire in rilievo nel caso di specie è quella prevista dall’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 39/2013 rubricato “Incompatibilità tra incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati nonché tra gli stessi incarichi e le attività professionali” che prevede quanto segue: “Gli incarichi amministrativi di vertice e gli incarichi dirigenziali, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, che comportano poteri di vigilanza o controllo sulle attività svolte dagli enti di diritto privato regolati o finanziati dall’amministrazione che conferisce l’incarico, sono incompatibili con l’assunzione e il mantenimento, nel corso dell’incarico, di incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dall’amministrazione o ente pubblico che conferisce l’incarico”.
La citata disposizione prevede dunque la sussistenza di una causa di incompatibilità in caso di assunzione di “incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dall’amministrazione o ente pubblico che conferisce l’incarico”.
Sennonché, ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. e), del citato decreto, per tali incarichi si intendono “le cariche di presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato, le posizioni di dirigente, lo svolgimento stabile di attività di consulenza a favore dell’ente”. La norma richiamata, quindi, non ricomprende l’incarico di Direttore Generale di cui si discute che invece è sussumibile negli incarichi amministrativi di vertice ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. i).
Per completezza, poi, l’Autorità precisa altresì che neppure potrebbe trovare applicazione nel caso di specie il divieto di pantouflage di cui all’art. 53, comma 16-ter, d.lgs. n. 165/2001. Invero, l’Autorità si è più volte pronunciata sull’argomento (cfr. delibera n. 766 del 5 settembre 2018 e delibera n. 1090 del 16 dicembre 2021), ritenendo che «in simili circostanze non possono configurarsi gli elementi costitutivi della fattispecie dell’art. 53, comma 16 ter, del d.lgs. n.165/2001, in quanto l’attribuzione dell’incarico di destinazione nell’ambito di una società controllata avviene nell’interesse della stessa amministrazione controllante e ciò determina la carenza di uno degli elementi essenziali della fattispecie preclusiva sopra descritta, ovvero il dualismo di interessi pubblici/privati ed il conseguente rischio di strumentalizzazione dei pubblici poteri rispetto a finalità privatistiche».
Il passaggio, quindi, tra amministrazione controllante ed ente di diritto privato controllato non comporterebbe il rischio che il dipendente pubblico, durante lo svolgimento dell’incarico presso la prima, venga distolto dal perseguimento dell’interesse pubblico in vista del futuro incarico presso l’ente privato controllato, non potendosi identificare un interesse di natura privatistica contrapposto a detto interesse pubblico proprio in considerazione del rapporto di controllo tra gli enti che conferiscono gli incarichi in questione.
Pertanto, conclude il parere, rammentando la ratio sottesa al divieto imposto dall’art. 53, comma 16-ter, d.lgs. n. 165/2001, nella fattispecie in esame, a fronte dell’insussistenza della contrapposizione interesse pubblico/privato nell’attività degli enti interessati e, quindi, del rischio che il primo possa essere strumentalizzato per finalità di natura privata, viene meno uno degli elementi costitutivi della fattispecie vietata.