Esiste conflitto di interessi a carico del candidato sindaco di un comune che intenda rinnovare l’incarico di responsabile di area tecnica conferito alla propria moglie.
È quanto ha stabilito l’Autorità Nazionale Anticorruzione con Atto del Presidente del 26 marzo 2024.
All’incarico di responsabile di area, infatti, è connesso un incremento della retribuzione, con la conseguenza che la funzionaria in questione vanterebbe un interesse privato al rinnovo dello stesso. Il rapporto di coniugio ricorrente tra quest’ultima ed il sindaco, poi, potrebbe configurare una ‘situazione personale’ idonea a minare – anche solo potenzialmente – l’imparzialità della decisione.
L’Autorità ha poi colto l’occasione per spronare i comuni al rafforzamento delle misure di prevenzione dei conflitti d’interesse degli amministratori locali. Questi non sono vincolati al rispetto del Codice di comportamento nazionale, né a quello adottato dall’amministrazione e rivolto ai dipendenti. “Ciò non esclude – scrive l’Autorità – la possibilità che i componenti dell’organo politico si autovincolino al rispetto di tali disposizioni mediante una dichiarazione di impegno da rendere all’atto del conferimento dell’incarico, in cui, ad esempio, diano atto della partecipazione ad associazioni ed organizzazioni nonché della titolarità di interessi propri, del coniuge, di parenti o affini. Tali doveri di comunicazione potrebbero essere anche formalizzati nell’ambito di un codice di condotta ad hoc, indirizzato ai soli componenti dell’organo di indirizzo politico dell’ente”.
“L’efficacia preventiva di tali dichiarazioni – aggiunge Anac – potrebbe essere ulteriormente potenziata attraverso la pubblicazione nella sezione ‘Amministrazione trasparente’, al fine di favorire forme di controllo diffuso, e/o la costituzione di un organo di controllo terzo, legittimato ad esprimere pareri sulla configurabilità o meno di un conflitto d’interessi e sul conseguente obbligo di astensione”.
L’Autorità ricorda anche che “il conflitto di interessi si realizza nel caso in cui l’interesse pubblico venga deviato per favorire il soddisfacimento di interessi privati, di cui sia portatore direttamente o indirettamente il pubblico funzionario. La principale misura di prevenzione del conflitto d’interessi, anche potenziale, è rappresentata dall’obbligo di segnalazione da parte dell’interessato e dalla successiva astensione dalla partecipazione alla decisione o all’atto che potrebbe porsi in contrasto con il concorrente interesse privato”.
L’applicazione della norma prevista dall’art. 7 d.P.R. n. 62/2013 – ribadisce tuttavia Anac – “è destinata esclusivamente ai dipendenti della pubblica amministrazione nonché a consulenti, collaboratori e dipendenti di imprese fornitrici di beni e servizi in favore dell’ente pubblico. Sono, pertanto, esclusi i componenti degli organi d’indirizzo politico, i quali soggiacciono a misura obbligatoria con funzione preventiva l’astensione dalla partecipazione alla decisione del soggetto interessato, salvo il caso in cui l’atto da adottare abbia carattere normativo o amministrativo generale tale da non consentire un riconoscimento immediato dell’interesse privato di cui l’amministratore pubblico sia eventualmente titolare.
La disposizione richiamata è stata interpretata in senso rigoroso dalla giurisprudenza, che ha rinvenuto un dovere di astensione in capo al componente del Consiglio comunale in tutti i casi in cui, per ragioni di ordine obiettivo, egli non si trovi in posizioni di assoluta serenità rispetto alle decisioni da adottare di natura discrezionale, con la precisazione che il concetto di interesse del consigliere alla deliberazione comprende ogni situazione di conflitto o di contrasto di situazioni personali, comportante una tensione della volontà, verso una qualsiasi utilità che si possa ricavare dal contribuire all’adozione di una delibera”.