Chi ha svolto incarichi legali per conto del Comune, difendendolo in cause e contenziosi, non può essere nominato dal sindaco Dirigente dell’Ufficio legale e del Settore Affari Generali del Comune stesso.
Detto incarico dirigenziale è infatti inconferibile per violazione dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 39/2013, secondo il quale: “a coloro che, nei due anni precedenti, (…) abbiano svolto in proprio attività professionali, se queste sono regolate, finanziate o comunque retribuite dall’amministrazione o ente che conferisce l’incarico, non possono essere conferiti: c) gli incarichi dirigenziali esterni, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici che siano relativi allo specifico settore o ufficio dell’amministrazione che esercita i poteri di regolazione e finanziamento”.
È quanto ha ribadito l’Autorità Nazionale Anticorruzione con la delibera n. 136 del 4 aprile 2023, riguardante un grosso centro del Napoletano.
La ratio sottesa all’art. 4 del d.lgs. n. 39/2013, precisa l’Autorità, è quella di assicurare che i pubblici funzionari agiscano al solo fine di perseguire e massimizzare l’interesse pubblico dominante senza che taluni interessi privati condizionino illegittimamente l’azione amministrativa, innestandosi strutturalmente nella pubblica amministrazione finanziatrice e/o regolante. Perciò, il legislatore ha precluso a coloro che sono/sono stati (nei due anni antecedenti) sottoposti al potere della pubblica amministrazione di assumere, nella stessa, funzioni apicali-dirigenziali tali da poter influire sul processo decisionale pubblico, eventualmente deviandolo al soddisfacimento degli interessi privati della categoria professionale di cui l’interessato è espressione.
Con specifico riferimento al caso della attività professionale in proprio, la disposizione intende impedire che, mediante il conferimento di un incarico pubblico, il “professionista/privato” possa piegare le decisioni a vantaggio di sé stesso nonché della propria categoria professionale.
Come già precisato nell’atto di avvio, l’accertamento di tale ipotesi di inconferibilità va condotto tenendo conto dell’orientamento ANAC n. 99/2014 a tenore del quale: «Gli artt. 4 e 9 del d.lgs. n. 39/2013 non trovano applicazione alle prestazioni lavorative di tipo occasionale, non avendo le stesse il carattere della continuità e della stabilità dell’attività professionale. (…) ».
L’indicazione offerta dall’ANAC costituisce un’interpretazione orientata della disposizione in esame, tesa, cioè, a contemperare due esigenze tra di loro potenzialmente contrapposte ma entrambe meritevoli di tutela giuridica. Da un lato, quella del legislatore che, con il suddetto divieto, ha inteso rafforzare e implementare i meccanismi di presidio e tutela dell’imparzialità – reale e percepita – del pubblico funzionario e, dall’altro, quella della pubblica amministrazione (su cui ricade il vincolo) ad avvalersi, incardinandoli nei ruoli dell’ente, di soggetti – provenienti dal mondo delle libere professioni – di cui abbiano già testato il valore.
Dunque, proprio nell’ottica di garantire un giusto equilibrio tra gli illustrati interessi, l’ANAC, affinché operi il divieto in esame, ritiene non sufficiente il pregresso svolgimento di un’attività professionale del tutto sporadica, isolata e occasionale a beneficio dell’ente conferente l’incarico dirigenziale esterno ma richiede un certo grado, valutabile caso per caso, di stabilità del rapporto tra i due soggetti.
Sennonché, nel caso di specie, è emerso che tra i citati soggetti è esistito, di fatto, un legame continuativo e stabile evincibile dalla molteplice quantità di incarichi di consulenza legale affidati al professionista nel corso del tempo.
Pertanto la nomina decade, e sono nulli tutti gli atti adottati dall’insediamento inconferibile. Non solo. Sindaco e giunta del Comune che hanno deliberato l’incarico non potranno per tre mesi conferire alcun incarico di natura amministrativa di loro competenza, come prescrive la legge, secondo sanzione ex articolo 18.