Sono numerose le amministrazioni locali che ad oggi hanno già avviato le trattative per la stipula del primo contratto collettivo integrativo successivo al rinnovo contrattuale del 2022.
Alcune di esse, come si può facilmente riscontrare interpellando la banca dati dei contratti integrativi delle amministrazioni pubbliche (consultabile all’indirizzo: www.contrattintegrativipa.it), hanno addirittura già sottoscritto il nuovo CCI normativo triennale 2023-2025.
Sebbene l’ultimo Rapporto sul monitoraggio della contrattazione integrativa nel lavoro pubblico evidenzi una significativa diminuzione della tendenza a contrattualizzare materie oggetto di sola partecipazione sindacale, sembra comunque opportuno ricordare agli enti impegnati in questa nuova sessione negoziale quali sono i limiti della contrattazione integrativa.
Le norme di legge fondamentali, in tale materia, sono quelle dell’art. 40, commi 3-bis e 3-quinquies, del D.Lgs. 165/2001 secondo i quali:
“3-bis…. La contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono; essa può avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni”.
“3-quinquies. … Le pubbliche amministrazioni non possono in ogni caso sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti risultanti dai contratti collettivi nazionali o che disciplinano materie non espressamente delegate a tale livello negoziale ovvero che comportano oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Nei casi di violazione dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile. In caso di superamento di vincoli finanziari accertato da parte delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, del Dipartimento della funzione pubblica o del Ministero dell’economia e delle finanze è fatto altresì obbligo di recupero nell’ambito della sessione negoziale successiva, con quote annuali e per un numero massimo di annualità corrispondente a quelle in cui si è verificato il superamento di tali vincoli ……”.
Come precisato nel vademecum Aran sui “possibili contenuti di un contratto decentrato integrativo” (certamente ancora attuale in questa parte), appare, quindi, evidente che:
• la contrattazione integrativa non ha titolo a trattare materie diverse da quelle ad essa espressamente demandate dal CCNL; la delimitazione delle materie corrisponde all’interesse dei datori di lavoro, in quanto essa deriva anche dalle indicazioni del Comitato di settore che rappresenta tutte le amministrazioni del comparto;
• le materie oggetto di contrattazione non possono essere trattate dal contratto integrativo in termini diversi e più ampi di quelli stabiliti dal CCNL: così, se il CCNL stabilisce che una determinata materia deve essere trattata dal contratto integrativo solo nei “criteri generali” non è possibile disciplinarla integralmente in tale sede;
• il contratto integrativo non può violare in alcun modo i vincoli derivanti dal CCNL; questo non vale solo per i vincoli di carattere finanziario, ma anche per ogni altro tipo di vincolo;
• il contratto integrativo non può comportare oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione.
In generale, poi, bisognerebbe anche evitare di procedere alla sottoscrizione di contratti integrativi “omnibus”, che riscrivono (nella migliore delle ipotesi, senza variazioni) anche le norme di livello nazionale (quelle definite nel CCNL e, in taluni casi, anche quelle definite all’interno di leggi), dando al contratto integrativo un carattere onnicomprensivo e ripetitivo di norme definite altrove.
Ciò, infatti, come ben spiegato nel Rapporto Aran-Università di Milano su “La contrattazione integrativa nelle pubbliche amministrazioni italiane dopo i rinnovi dei contratti collettivi nazionali di comparto per il triennio 2016-2018”, ha comportato l’assunzione da parte del contratto integrativo di una valenza onnicomprensiva e ripetitiva in contrasto con quello che dovrebbe essere il suo valore aggiunto, cioè il carattere integrativo delle regole nazionali, all’interno dei limiti da questa posti, e con l’ulteriore conseguenza della potenziale permanente vigenza del contratto integrativo e delle clausole in esso contenute riferite ad un dato contratto nazionale anche dopo l’eventuale modifica di quest’ultimo. In punto di diritto è certo che le clausole negoziali del contratto integrativo che disciplinano materie ad esso non demandate siano nulle e non possano essere applicate; resta però in punto di fatto una situazione diversa, quantomeno incidente sul piano delle relazioni sindacali.