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Il conflitto di interessi dei componenti delle commissioni di concorso

Sussistono oppure no situazioni di conflitto di interessi in capo ad un componente di una commissione esaminatrice di un concorso pubblico laddove concorrano quali candidati soggetti (sia interni all’amministrazione che esterni) con i quali l’interessato ha o ha avuto stretti rapporti di natura lavorativa?

Come al riguardo ricordato dall’Anac nel recente parere protocollo n. 353/2023, la giurisprudenza amministrativa ha costantemente ribadito il principio secondo il quale le cause di incompatibilità sancite dall’art. 51 c.p.c. devono considerarsi estese a tutti i campi dell’azione amministrativa in considerazione del principio costituzionale di imparzialità, affermandone al contempo il carattere tassativo e l’impossibilità di procedere ad un’estensione analogica delle stesse (Cons. Stato, VI, 30 luglio 2013, n. 4015 e, in senso conforme, Cons. Stato Sez. III, 02.04.2014, n. 1577 e TAR Lazio, III-bis, 25.5.2015 n. 7435; più recentemente Cons. Stato, sez. III, 28.4.2016, n. 1628).

Il giudice amministrativo ha poi provveduto ad identificare alcune ipotesi di concreta applicazione dei suddetti principi generali con riferimento alla composizione delle commissioni di concorso, sostenendo che:

  • l’appartenenza allo stesso ufficio del candidato e il legame di subordinazione o di collaborazione tra i componenti della commissione e il candidato stesso non rientrano nelle ipotesi di astensione di cui all’art. 51 c.p.c. (Consiglio di Stato, sez. III, 28.4.2016, n. 1628, Consiglio di Stato, sez. V, 17.11.2014 n. 5618; sez. VI, 27.11. 2012, n. 4858);
  • i rapporti personali di colleganza o di collaborazione tra alcuni componenti della commissione e determinati candidati non sono sufficienti a configurare un vizio della composizione della commissione stessa, non potendo le cause di incompatibilità previste dall’art. 51 (tra le quali non rientra l’appartenenza allo stesso ufficio e il rapporto di colleganza) essere oggetto di estensione analogica, in assenza di ulteriori e specifici indicatori di una situazione di particolare intensità e sistematicità, tale da dar luogo ad un vero e proprio sodalizio professionale (Consiglio di Stato, sez. VI, 23.09.2014 n. 4789);
  • «la conoscenza personale e/o l’instaurazione di rapporti lavorativi ed accademici non sono di per sé motivi di astensione, a meno che i rapporti personali o professionali non siano di rilievo ed intensità tali da far sorgere il sospetto che il candidato sia giudicato non in base al risultato delle prove, bensì in virtù delle conoscenze personali (Cons. Stato, VI, n. 4015 del 2013, cit.)» (Consiglio di Stato, VI, 26.1.2015, n. 327 e da ultimo Consiglio di Stato, sez. III, 28.4.2016, n. 1628);
  • «perché i rapporti personali assumano rilievo, deve trattarsi di rapporti diversi e più saldi di quelli che di regola intercorrono tra maestro ed allievo o tra soggetti che lavorano nello stesso ufficio, essendo rilevante e decisiva la circostanza che il rapporto tra commissario e candidato, trascendendo la dinamica istituzionale delle relazioni docente/allievo, si sia concretato in un autentico sodalizio professionale, in quanto tale “connotato dai caratteri della stabilità e della reciprocità d’interessi di carattere economico” (Cons. Stato, Sez. VI, n. 4015 del 2013), in “un rapporto personale di tale intensità da fare sorgere il sospetto che il giudizio non sia stato improntato al rispetto del principio di imparzialità” (Cons. Stato, Sez. VI, 27 aprile 2015, n. 2119)» (Consiglio di Stato, sez. III, 28.4.2016, n. 1628);
  • «sussiste una causa di incompatibilità – con conseguente obbligo di astensione – per il componente di una commissione giudicatrice di concorso universitario ove risulti dimostrato che fra lo stesso e un candidato esista un rapporto di natura professionale con reciproci interessi di carattere economico ed una indubbia connotazione fiduciaria» (Cons. Stato Sez. VI, 31.5.2013, n. 3006, TAR Lazio, Roma, 21.2.2014 n. 2173);
  • in sede di pubblico concorso l’incompatibilità tra esaminatore e concorrente si può realmente ravvisare non già in ogni forma di rapporto professionale o di collaborazione scientifica, ma soltanto in quei casi in cui tra i due sussista un concreto sodalizio di interessi economici, di lavoro o professionali talmente intensi da ingenerare il sospetto che la valutazione del candidato non sia oggettiva e genuina, ma condizionata da tale cointeressenza (TAR Lazio, Roma, 21.2.2014 n. 2173, T.A.R. Lazio, Roma Sez. III bis, 11.7.2013, n. 6945). 

Se ne deduce pertanto che il legame di colleganza e/o di subordinazione o collaborazione tra i componenti della commissione e il candidato può essere idoneo ad alterare sensibilmente la par condicio tra i concorrenti solo nel caso in cui sia caratterizzato da intensità, assiduità e sistematicità.

Anche la stessa Anac, del resto, ha ritenuto rilevante ai fini della sussistenza di un conflitto di interesse solo un rapporto professionale sistematico, stabile e continuo, tale da lasciar presupporre una comunione di interessi economici o di vita tra il candidato e il commissario (cfr. delibere n. 209 del 1° marzo 2017 e n. 384 del 29 marzo 2017).

Più recentemente è tornato a pronunciarsi sull’argomento anche il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2408/2023, nella quale si legge che, «sebbene debba riaffermarsi il principio giurisprudenziale per cui la semplice sussistenza di rapporti accademici o di ufficio tra commissario e candidato non è idonea ad integrare gli estremi delle cause d’incompatibilità normativamente previste, deve parimenti evidenziarsi che, nell’applicazione concreta di tale principio, questo Consiglio ha precisato la necessità di tenere conto dei caratteri specifici della collaborazione, al fine di valutarne l’intensità e la protrazione nel tempo e, dunque, l’idoneità a determinare “per il componente della commissione un effetto di incompatibilità a partecipare alla valutazione comparativa di candidati che, con il condizionamento del rapporto preesistente, difficilmente potrebbe restare pienamente imparziale” (Consiglio di Stato, sez. VI, 7 luglio 2020, n. 4356); la comunanza di interessi (altresì) di vita professionale potrebbe infatti connotarsi per un’intensità “tale da far sorgere il sospetto che la valutazione del candidato non sia oggettiva ma motivata dalla conoscenza personale” (Consiglio di Stato, sez. VI, 13 dicembre 2017, n. 5865).
La verifica in ordine alla sussistenza di situazioni di conflitto di interesse deve essere svolta, in concreto, con il dovuto rigore, valorizzando i canoni di imparzialità, obiettività e trasparenza che devono informare l’attività valutativa delle commissioni di concorso, dovendosi anche precisare che, ad assumere rilievo, in forza delle generali previsioni dell’art. 6 bis della l. n. 241 del 1990, sono non solo i conflitti di interessi conclamati ma anche quelli potenziali, integrati dalla sussistenza di gravi ragioni di convenienza percepite come una minaccia alla imparzialità e indipendenza dei componenti dell’organo collegiale nel contesto della procedura concorsuale
».