Tra la serie di Osservazioni formalizzate dall’ANAC in merito allo “Schema di decreto legislativo recante codice dei contratti pubblici”, attualmente sottoposto all’esame parlamentare per l’espressione del relativo parere, il primo punto è dedicato al ripristino dell’elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house (c. 1 art. 192 del Codice dei contratti vigente). Tale strumento informativo, che richiede una verifica preliminare dell’ANAC sulla sussistenza dei requisiti essenziali per legittimare gli affidamenti in house providing, non risulta infatti più previsto nel nuovo schema del Codice degli appalti.
Nello stralcio che segue, si riportano le motivazioni attraverso cui l’Autorità Anticorruzione sostiene la propria posizione: “La presentazione della domanda da parte delle amministrazioni aggiudicatrici e la relativa iscrizione nel suddetto elenco presenta l’evidente vantaggio di verificare a priori la sussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa eurounitaria per l’affidamento diretto, senza in alcun modo interferire rispetto alla decisione dell’ente di procedere con tale affidamento.
Giova evidenziare che, nella maggior parte dei casi, le amministrazioni aggiudicatrici hanno apprezzato l’ausilio dell’Autorità, che ha conferito loro sicurezza e certezza in merito agli affidamenti compiuti, ben comprendendo che la carenza dei necessari presupposti incide strutturalmente sulla natura giuridica
della società partecipata e rende inevitabilmente illegittimi gli affidamenti attuali e futuri.
Infatti, in oltre 5 anni di gestione dell’elenco, ANAC ha potuto constatare che, in circa i due terzi dei casi trattati, i requisiti dell’in house erano carenti e i soggetti esaminati erano spesso sostanzialmente equiparabili ad imprese liberamente operanti nel mercato, che godevano di affidamenti diretti di contratti pubblici, ottenuti senza gara, in assenza dei necessari presupposti.
È evidente il rischio a cui, in assenza delle necessarie condizioni, si trovano esposti gli enti aggiudicatari, laddove vengano coinvolti – a ragione – da imprese concorrenti in contenziosi giurisdizionali volti all’applicazione della corretta normativa ed all’annullamento degli affidamenti illegittimi.
Secondo la Relazione di accompagnamento allo schema del codice, le ragioni alla base della soppressione dell’elenco sarebbero da ricondurre a esigenze di semplificazione, che vorrebbero l’eliminazione di un “titolo abilitativo” che risulterebbe “… sproporzionato rispetto alle funzioni di vigilanza e alle esigenze di trasparenza degli affidamenti.”.
Alla luce di quanto sopra, si comprende quale siano gli eventi che inficiano la celere ed efficace esecuzione dei contratti pubblici, non riconducibili all’attività di verifica sistematica esercitata da ANAC, con una certa celerità, derivante dalla consolidata esperienza.
A valle dell’attività istruttoria, qualora l’Autorità rilevi la carenza di uno o più requisiti si attiva un procedimento di interlocuzione con l’ente che, nella quasi totalità dei casi, induce l’amministrazione richiedente ad adeguarsi ai rilievi dell’ANAC. Sul punto si rappresenta inoltre che, nel 2% dei casi nei quali l’Autorità si è poi vista costretta a negare l’iscrizione, i successivi provvedimenti di diniego non sono stati quasi mai impugnati e, nei residui casi, si registra ad oggi l’assenza di qualsivoglia soccombenza in giudizio.
Tutto ciò ha avuto una indubbia ricaduta positiva, sia sull’azione amministrativa che sul contezioso, anche erariale, in termini di responsabilità degli amministratori.
Questa radicale modifica di impostazione della disciplina sull’in house providing non trova, tra l’altro, alcun riferimento nella legge 21 giugno 2022, n. 78 (Delega al Governo in materia di contratti pubblici), che prevede soltanto il criterio generale del “perseguimento di obiettivi di stretta aderenza alle direttive europee” (articolo 2, comma 1, lettera a).
Al contrario, l’abrogazione della competenza di ANAC in relazione all’istituto dell’elenco c.d. in house sembra in contrasto con la legge delega laddove all’articolo 2, comma 1, lett. b), richiede la revisione delle competenze dell’Autorità “al fine di rafforzarne le funzioni di vigilanza sul settore e di supporto alle stazioni appaltanti”.”